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Governo autorizza l’Airgun nel mar Jonio, per sondare i fondali. Il petrolio interessa più dell’ecosistema (AUDIO)
 
																								
												
												
											Jonio e Adriatico, tra Puglia, Basilicata e Calabria saranno ispezionati attraverso la tecnica dell’Air Gun che provoca notevoli danni all’ecosistema marino. Il Ministero dell’Ambiente ha emanato due decreti per prospezioni su 150mila ettari di mare. I danni dell’Airgun sono incalcolabili
La cancellazione del divieto era già stata decisa e ora c’è il via libera alle ricerche nello Ionio fra Puglia, Basilicata e Calabria. A cercare il petrolio saranno gli australiani della Global Petroleum Limited, nell’Adriatico e gli italiani della Schlumberger di Parma nello Jonio. E se prima il Governo italiano aveva vietato le concessioni perchè ‘dannose’ ora, per ovvi motivi di interesse, non lo sono più e allora si può ‘sparare’ la micidiale ‘bolla’ in mare. I danni che queste attività provocano sono incalcolabili dal punto di vista dell’ecosistema e dell’ambiente marino.
Le navi della Schlumberger arriveranno nel golfo di Taranto per setacciare un’area di circa 4mila chilometri quadrati fra Puglia, Calabria e Basilicata. Ed è il secondo decreto con cui il ministero, autorizza le ricerche dopo il primo dato alla Global Petroleum Limited in Adriatico, per una zona di 745 chilometri quadrati che va da Vieste a Brindisi.
Flavio Stasi del Comitato No Triv di Rossano, ha spiegato ai microfoni di Rlb Radioattiva quali sono le implicazioni di questa tecnica e la preoccupazione per i territori in termini di danni all’ecosistema marino e relativi al rischio sismico.
ASCOLTA L’INTERVISTA
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ECCO I DANNI PROVOCATI DALL’AIRGUN
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Il progetto sullo Jonio prevede indagini sismiche in 2D e 3D con la tecnica dell’Airgun, che non è altro che l’utilizzo bolle d’aria ‘sparate’ in acqua, con un’intensità non indifferente, che espandendosi determinano onde sismiche dalle quali si evince la composizione della roccia dei fondali e l’eventuale presenza di giacimenti di idrocarburi. Per realizzare le bolle vengono usate emissioni sonore, che rappresentano, secondo esperti e ambientalisti, il più grave pericolo per la fauna marina, cetacei in particolar modo, che rischierebbero di perdere l’udito e con esso l’orientamento.
A fronte di tali rischi la Schlumberger italiana ha depositato uno studio di impatto ambientale nel quale praticamente ‘ammette’ che “i principali impatti ambientali potrebbero riguardare la fauna marina” e indica possibili correttivi. E il Governo c’è cascato o c’è voluto cascare. Nel decreto Via si legge di “impatti bassi e del tutto reversibili” della ricerca sugli animali che popolano il mar Ionio. Nel provvedimento si specifica anche come le attività di ricerca non interferiranno con aree protette o interdette, anche se la distanza dalle coste (13 miglia da Taranto e dalle coste lucane, 18 da Leuca e 13 da Cirò Marina) è molto, troppo, ravvicinata. A scagliarsi contro le decisioni del Governo ci sono i movimenti No Triv e quelli che hanno a cuore il futuro e la salute dell’ecosistema marino che sono contrari a questo ‘assalto al mare’ e allo sfruttamento dell’ambiente che favorisce i petrolieri.
 
                         
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
		
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