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Bruciano plastica per ottenere il rame…. e a Rende non si respira più

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Bruciano plastica per ottenere il rame…. e a Rende non si respira più

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RENDE (CS) – Lo chiamano “oro rosso” ed è diventata l’attività di riferimento di numerosi soggetti, talvolta extracomunitari, che in assenza di lavoro hanno trovato nel furto e nella ricettazione del rame la loro attività.

L’ultima operazione dei carabinieri ha interessato il territorio di Bisignano (Cs) dove i militari scoperto quattro giovani di nazionalità rumena, intenti a bruciare nei pressi del fiume “Muccone” alcuni quintali di cavi elettrici per distruggerne il materiale plastico e ottenere così, solo il rame contenuto all’interno. I quattro si sono “beccati” solo una denuncia, e i carabinieri hanno recuperato oltre 300 chilogrammi di rame, pronto per essere piazzato sul mercato illegale.

 

I furti di rame in Calabria sono un fenomeno poco preso in considerazione ma molto pericoloso in realtà, soprattutto quando questi malviventi, non avendo un sito dove bruciare il materiale plastico, lo fanno nelle proprie case, addirittura in certi casi nei propri caminetti sprigionando nell’aria un fumo tossico e maleodorante. Per non parlare ovviamente dei furti: dalla rete elettrica alle ferrovie, dalle linee telefoniche alle centraline…qualsiasi oggetto possa contenere l’oro rosso va bene. Il problema più grave è il danno ambientale e alla salute per i cittadini, che in alcuni contesti poco controllati dalle forze dell’ordine, sono costretti a respirare e a convivere con i fumi delle operazioni di bruciatura.

 

La plastica bruciata infatti è cancerogena e dunque nociva, pericolosa per la salute e per chi respira l’aria in cui vengono introdotti tali fumi. Purtroppo per ricavare il rame è necessario bruciare la guaina protettiva in plastica dei cavi elettrici. Ciò provoca un denso fumo nero, un odore insopportabile, un’aria irrespirabile e nociva. Questo tipo di reato secondo gli investigatori non è facile da prevenire in quanto sarebbe indispensabile cogliere i “piromani” sul fatto per punirli. Ecco perché è necessaria anche la collaborazione dei cittadini, dicono le forze dell’ordine. Ma se è vero che i cittadini devono allertare le forze dell’ordine, è altrettanto vero che non sempre queste, rispondono prontamente alle segnalazioni, anzi a volte le lasciano cadere nel nel vuoto.

 

Alcuni cittadini di Rende hanno segnalato alla nostra redazione di aver più volte contattato le forze dell’ordine per indicare lo svolgimento di queste attività. In particolare ai carabinieri sarebbero state fornite indicazioni anche sulle zone interessate, ovvero le contrade situate a pochi chilometri dall’università e nei pressi del centro storico.  Attività illegali che vengono compiute quasi quotidianamente, costringendo la popolazione a respirare quell’aria, tossica e malsana, alla quale nessuno può sfuggire e dunque neanche i bambini. Alcuni cittadini di tutta risposta, sono stati invitati a presentare regolare denuncia esponendosi in prima persona; dunque altro che segnalazioni e tutela del cittadino. Talvolta invece, nonostante alcuni cittadini avessero individuato il luogo di “smaltimento” della plastica, indicandolo agli inquirenti, sarebbe partito il “rimbalzo” delle responsabilità, il cosiddetto “scarica barile”: “dovreste chiamare la polizia municipale, dovreste chiamare i vigili del fuoco, dovreste chiamare l’Azienda sanitaria competente per territorio….”. I cittadini fino ad oggi continuano a non poter respirare, a vedere violati i luoghi in cui risiedono ma nessuno sembra volersi occupare di un’attività che non solo è dannosa per la salute pubblica e per l’ambiente…. ma è un crimine.

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