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Universita’ italiana sempre più’ a numero chiuso

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Universita’ italiana sempre più’ a numero chiuso

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ARCAVACATA – In queste settimane, la maggior parte degli studenti che si sono diplomati il mese scorso sono alle prese con la preparazione ai test d’ingresso

ma, nonostante il vistoso calo delle immatricolazioni degli ultimi anni, in Italia, i corsi universitari – triennali e a ciclo unico – ad ingresso libero sono ormai abbondantemente al di sotto della metà. L’Universita’ italiana e’ sempre più’ a numero chiuso e alcuni Atenei del sud hanno deciso di prendere questa strada indistintamente per tutti gli indirizzi. E questo, non solo per la programmazione nazionale degli accessi a Medicina, Odontoiatria, Veterinaria, Architettura e alle cosiddette professioni sanitarie – infermieristica, ostetricia, logopedia, tanto per citarne alcune – stabilita dalle legge, ma anche per la cosiddetta programmazione locale nella quale si sono lanciati negli ultimi anni tanti atenei statali. Per alcune facoltà, come Farmacia, non esistono quasi più corsi ad accesso libero: soltanto Camerino e Urbino ne offrono senza sbarramento. Discorso simile per Biotecnologie e Scienze biologiche. Quest’anno – tra programmazione nazionale e locale – i corsi per i quali occorre sostenere un test di accesso a pagamento sono aumentati di quasi tre punti rispetto al 2012: il 57,3 per cento rispetto al 54,4 dello scorso anno. Così per coloro che dalla scuola proseguiranno gli studi all’università, il primo step da superare sarà quello del test di accesso, che ovviamente si paga. In alcuni atenei – Palermo, Catania, della Calabria e della Magna Grecia di Catanzaro – si è addirittura scelta la strada del test d’ingresso a tappeto per tutte le facoltà. E, contro alle aspettative, sono proprio le università meridionali – quelle che negli ultimi tre anni hanno perso qualcosa come il 15 per cento degli immatricolati – a mantenere il pugno duro sugli accessi. Nel prossimo anno accademico, al Sud, i corsi a numero chiuso saranno 63 su cento. Nelle regioni settentrionali, ancora 40 su cento – il 40,2 per cento, per l’esattezza – saranno ad accesso libero. Possibilità di immatricolarsi senza patema di essere esclusi ancora prima di iniziare che aumentano ulteriormente nelle quattro regioni dell’Italia centrale – Toscana, Lazio, Umbria e Marche – dove in oltre metà dei corsi di laurea triennali e a ciclo unico – il 54,6 per cento – è ancora possibile iscriversi senza dovere sostenere nessun esame. Il test d’ingresso, oltre a selezionare gli studenti “migliori” e controllare l’ingresso di laureati nel mondo del lavoro, consente alle università statali – taglieggiate dal 2009 per i tagli della riforma Gelmini – di accumulare un gruzzolo ancora prima di avviare le attività didattiche. All’università di Torino per sostenere il test di ingresso al corso di Biotecnologie occorre sborsare 100 euro, “non rimborsabili” a nessun titolo, specifica il bando, più 2 euro di commissione bancaria. Mentre a Padova, si accontentano di 27 euro che bastano per un unico test di ammissione per quattro corsi: biotecnologie, biologia, biologia molecolare e chimica. L’importo medio della tassa è di 50 euro per ogni test da sostenere. E ogni studente, per non restare fuori, ne affronta da due a tre.

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