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Rialzo, carcere e tortura: un convegno per “umanizzare” il carcere
 
																								
												
												
											COSENZA – Una manifestazione riuscita. «Carcere e tortura – dalla salute alla libertà negata, – si legge in una nota diffusa dagli organizzatori del convegno – è stato un momento di confronto pubblico su alcuni degli aspetti più inquietanti legati all’istituzione carceraria. In particolare si è discusso delle diverse forme di vessazioni e torture che i detenuti sono costretti a subire spesso
in solitudine e privi delle garanzie costituzionali. Si è discusso della mancata applicazione delle misure alternative al carcere e dei finti provvedimenti decongestionanti. Delle leggi liberticide ed emergenziali varate negli ultimi 30 anni che hanno reso l’istituzione carceraria la discarica degli esclusi dai processi economici e sociali di una società che va sempre più americanizzandosi nonchè il deterrente per annientare le lotte sociali a difesa del proprio territorio e del proprio futuro. Punire i poveri, direbbe Loic Waquant, e i non allineati, aggiungiamo noi, di fronte a quanto sta avvenendo nel sistema socio-repressivo italiano. Emerge quindi il profilo di uno Stato Penale che dispiega la terrificante macchina repressiva e che utilizza tutto quanto è in suo potere: dai media, che abilmente supportano le esigenze securitarie in nome della “legalità” al 41bis, vero e proprio strumento di tortura, nato per sconfiggere le criminalità organizzate ed il terrorismo esteso, oggi, ai militanti che difendono i propri territori dalle devastazioni capitalistiche. Assieme all’abusato concetto di legalità è emerso quello di leggittimità. Chiaramente, non sempre ciò che è considerato illegale è anche illeggittimo (un uomo che ruba per fame o spaccia per mancanza di alternative ad esempio), d’altra parte, non sempre quello che è legale (solo perchè deciso dal parlamento) è leggittimo. E’ leggittimo sovrastare la volontà delle popolazioni in nome degli interessi delle lobby di potere? A nostro avviso no, mentre d’altro canto è leggettimo difendere il proprio territorio ed il proprio futuro ma viene fatto passare sia mediaticamente sia penalmente come reato. Bisogna tenere ben presente che il sistema penale protegge non tanto gli interessi e l’incolumità del Popolo quanto quelli di una o più Classi e “gruppi” sociali predominanti. Quindi il carcere diventa la discarica sociale che ben rappresenta l’iniquità di uno Stato forte con i deboli e debole con i forti». Durante il dibattito sono state approfonditi alcuni aspetti riconducibili al concetto di tortura individuando nella mancanza di cure adeguate uno tra i fattori vessatori più ricorrenti e comuni nella totalità della popolazione ristretta. Ampio spazio è stato dato ai dispositivi del 41 e del 14 bis, all’ergastolo, la pena della morte viva – come l’ha definita Carmelo Musumeci, ergastolano ostativo. Preziose ed accorate le testimonianze di alcuni familiari che hanno avuto il coraggio e l’umiltà di descrivere le sofferenze e le vessazioni continue che sono costretti a subire: un’ora di colloquio al mese attraverso un vetro che, ogni volta, neanche sanno se faranno i trasferimenti continui senza nessuna comunicazione eri era a Pianosa, domani a Viterbo e poi lo ritrovano a Spoleto, poi ancora a Novara e così via fino ad una fine che non è segnata da nessuna parte. Pacchi concessi ma riportati indietro per qualche cavillo assurdo, flessioni e perquisizioni anali anche a donne e uomini anziani, a bambini. E poi nessun orologio. Nel 41 non sono ammessi orologi, neanche a muro, quindi i 60 minuti possono finire prima…Le torture nella tortura, per anni. Un calvario. L’ergastolo. Un dispositivo che segna la fine di un uomo il giorno in cui varca le soglie del carcere . La pena della morte viva che sconfessa l’articolo 27 della costituzione ed ogni ragionevole diritto umano, quello a redimersi e a pentirsi umanamente ed interiormente e non ai sensi del 58 ter dell’ordinamento penitenziario (i benefici, altrimenti negati, in cambio della delazione scambiando con un altro la propria prigionia). Introduzione del reato di tortura e abolizione dell’ergastolo, sono le due campagne lanciate rispettivamente dai familiari delle vittime di Stato e dagli ergastolani ostativi e supportate dagli organizzatori del dibattito assieme ad altre forze politiche e sociali, per segnare un’ inversione di tendenza in un paese che dispiega l’apparato repressivo e penale per rispondere alle varie emergenze che ha creato. Non è sicuramente un passaggio rivoluzionario ma un primo passo verso un processo di depenalizzazione e decarcerazione. Probabilmente la società e lo Stato italiani non sono ancora pronti ad elaborare ed adottare teorie abolizioniste sui modelli proposti da Hulsman o dalla Davis, o sui modelli delle comunità chiapaneche -viste anche le leggi liberticide che vengono varate e l’uso massiccio della carcerazione-, ma riteniamo utile avviare una riflessione per riuscire a costruire percorsi che ci liberino della necessità del carcere nella società e, soprattutto, che ci liberino del carcere e di tutte le istituzioni totali»
 
                         
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
											 
		
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