Zoomafia: la storia di ‘Killer’, il cane che si è rifiutato di essere cattivo

PALERMO – Leggere questa storia, per chi ama gli animali, ma in generale per chi ne ha rispetto, genera un senso di rabbia e indignazione, ma dimostra ancora una volta, come le vere ‘bestie’ siano gli uomini.

E’ la storia di uno splendido pastore dei Pirenei, chiamato ‘Killer’ di cui parla il sito Articolotre.com e che vogliamo riportare per tenere alta l’attenzione su un fenomeno davvero agghiacciante e disumano, ovvero l’addestramento degli animali ai fini della lotta, del combattimento, dove sofferenza e violenza vengono inflitti agli animali senza alcun motivo e con una crudeltà spaventosa. Arriva dalla periferie di Palermo la storia di Killer, ma potrebbe arrivare purtroppo, da qualsiasi città d’Italia. Un cucciolo comprato da un mafioso, un picciotto che al posto di amore, carezze e coccole, lo ha sottoposto alle peggiori violenze e ad allenamenti estenuanti con tanto di somministrazione di proteine, vitamine e droghe.

 

Nell’articolo si racconta come al povero Killer vengano subito amputate orecchie e coda perché non possa fornire ai rivali parti da presa. Ore di corsa sul tapis-roulant, fino allo sfinimento, poi botte, senza motivo, lasciato giorni e notti al buio, senza cibo. All’improvviso gli gettano addosso un gatto terrorizzato o un cane di piccola taglia e lui deve ucciderli se vuole sfamarsi e sopravvivere. Il cucciolo cresce ma continua proprio a non capire, ogni tanto lo liberano e lui cerca l’amicizia con quegli uomini che lo maltrattano e lo prendono a calci sul muso, lo costringono a indossare museruole che arrivano a pesare anche dieci chili, così si irrobustiscono le mandibole, per tacere dei collari elettrici, chiodati all’interno. Alla fine l’arena, il ring, le condizioni le stesse: Il buio intorno e le lampade alogene che illuminano a giorno il recinto. La differenza stava in un cane grosso almeno quanto lui, piazzato di fronte, feroce, affamato, aggressivo. A Killer non piace combattere, ma deve farlo per sopravvivere. Tutto intorno la folla becera, vociante, sadica, crudele e lui che si avventa contro un suo simile, l’uno contro l’altro in una lotta all’ultimo sangue.

 

Combattimenti che possono durare anche due ore, un’eternità, un tempo infinito fatto di morsi, di profonde ferite, di mutilazioni e a Killer tutto questo non piace, lui non è cattivo, ma deve farlo per sopravvivere. Oltretutto è bravo davvero, vince, ma deve fare attenzione a non farsi ferire gravemente, a volte anche chi vince viene soppresso perché non serve più per altri combattimenti, a lui è sempre andata bene. L’unico atto di pietà consiste in un colpo di pistola alla testa, ma non è pietà a muovere quegli uomini, l’intento non è far cessare atroci sofferenze, ma liberarsi di un fastidio. Killer non immagina di essere al centro di un giro di scommesse e lotte clandestine di cani gestito da Cosa Nostra, qualcosa come quasi un miliardo di euro l’anno, con singole giocate che vanno dai 300 ai 60-70 mila euro. Un’attività redditizia controllata dal crimine organizzato internazionale, che all’origine gestisce il traffico clandestino di cuccioli, dalla nascita all’esportazione.

 

Anche Killer è arrivato dalle campagne di Budapest, lo hanno pagato 10 euro, imbottito di farmaci che ne possano ritardare eventuali patologie. Ha viaggiato nascosto nel cassone di un camion, 48 ore senza bere né mangiare, ha due mesi di vita, forse qualcosa meno. Poi quella vita d’inferno, durata due anni, fino ad una sera. Killer è al centro del ring, come al solito eccitato e spaventato, quasi consapevole che ogni volta potrebbe essere l’ultima. All’improvviso urla più alte, più forti di quelle tristemente familiari, quelle degli uomini vocianti. Altri uomini, vestiti come non ne ha mai visti, inseguono chi sta cercando di scappare, anche il suo addestratore-aguzzino sta cercando di scappare. Killer non sa, non capisce che si tratta di un’operazione di polizia contro la zoomafia, non immagina per lui l’incubo è finito. Un uomo, vestito in quel modo strano gli si avvicina con cautela, ma il cane intuisce che si può fidare, che è un amico, lui ama gli uomini e gli mette le zampe sulle spalle facendolo barcollare dopo averlo inondato di leccate.

 

Oggi Killer vive in una casa circondata da un grande giardino, ha anche cambiato identità, come in ogni nuova vita che si rispetti, si chiama Theo. Non sa perché, ma anche il nome gli piace di più, adora, ricambiato, la sua famiglia. L’unico problema sono rimasti i suoi simili, quando un altro cane si avvicina, l’istinto è quello di azzannarlo alla gola, anche se non gli è mai piaciuto, ma lo ha fatto solo per sopravvivere.

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