Erano tutti richiedenti asilo politico i lavoratori extracomunitari ospiti del Centro di Accoglienza Straordinaria di Roggiano Gravina . L’imprenditore agricolo è stato arrestato per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro
ROGGIANO GRAVINA (CS) – Erano sottoposti a turni di 9 ore e venivano pagati giornalmente 20 euro; il tutto senza alcun rispetto delle norme di sicurezza ed in assenza di regolare contratto. Ogni mattina alle 5, un ‘caporale’ andava a prelevarli direttamente al CAS di Roggiano. A scoprire la vicenda di sfruttamento i militari della Stazione Carabinieri di Roggiano Gravina, che hanno arrestato un imprenditore agricolo, A.L. 44enne, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari, emessa dal Gip presso il Tribunale di Cosenza per i reati di “intermediazione illecita” e “sfruttamento del lavoro”. I lavoratori, erano tutti extracomunitari richiedenti asilo politico, ospiti nel territorio di Roggiano Gravina.
Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Cosenza, sono state avviate dai carabinieri a seguito di segnalazioni sulla presunta presenza di un cosiddetto “caporale” che impiegava nel proprio fondo agricolo lavoratori stranieri, approfittando dello stato di bisogno in cui versavano, per sottoporli a condizioni di illecito sfruttamento senza neppure un contratto di assunzione.
Partendo da tali elementi, hanno avviato mirati servizi di osservazione in alcuni terreni siti nel Comune di San Marco Argentano che, in un arco temporale compreso tra il mese di settembre dello scorso anno ed agosto scorso, hanno consentito di dare un nome ed un volto al “caporale”, accertando che era solito prelevare quotidianamente diversi extracomunitari da un Centro di Accoglienza Straordinaria di Roggiano Gravina e condurli presso un fondo ubicato nel territorio di San Marco Argentano, ove venivano sistematicamente impiegati quali braccianti agricoli nella raccolta di ortaggi.
Prelevati all’alba dal caporale lavoravano per 9 ore per 20 euro
Attraverso videoriprese i carabinieri sono riusciti a documentare le pesanti giornate lavorative degli extracomunitari, come confermato dalle dichiarazioni precise, dettagliate e convergenti successivamente rese dagli stessi (provenienti dal Gambia, dal Bangladesh e dal Senegal): prelevati all’alba, intorno alle ore 5.00, da un furgone condotto dall’imprenditore, affluivano sui terreni coltivati ad ortaggi ove prestavano la loro attività lavorativa ininterrottamente fino a 9 ore – orientativamente dalle 06.30 alle 15.30 – in un contesto lavorativo assolutamente degradante. Le condizioni di lavoro imposte dal “padrone” – in palese difformità dalle minimali regole dei contratti collettivi nazionali – contemplavano soltanto una pausa di appena 30 minuti (nel caso gli immigrati avessero voluto consumare cibi portati al seguito), senza mettere a disposizione degli “sfruttati” acqua per rifocillarsi ed in assenza di luoghi idonei per ripararsi dal caldo o per soddisfare le proprie esigenze fisiologiche. A fronte di così gravose condizioni di lavoro la retribuzione concordata era di appena 20 euro giornaliere, del tutto sproporzionata rispetto alla quantità ed alla qualità del lavoro prestato, a riprova dell’opera di sfruttamento posta in essere in danno dei lavoratori stranieri.
I carabinieri hanno anche potuto ricostruire un tentativo di deviare il corso delle indagini da parte dell’odierno arrestato, il quale, in diversi approcci con gli extracomunitari, aveva provato a condizionarne i racconti al fine di alleggerire le proprie responsabilità.
Ad aprile era stato arrestato il titolare di un’azienda edile ad Acri
I gravi fatti portati alla luce dimostrano, ancora una volta, l’impegno e la particolare determinazione con cui i carabinieri del Comando Provinciale di Cosenza, coordinati dalla locale Procura della Repubblica, operano per contrastare il triste fenomeno del “caporalato”, conducendo un’intensa azione a difesa dei lavoratori coinvolti e di quelle aziende oneste, che indirettamente vengono danneggiate da operatori economici che non esitano a lucrare e fare cassa sulle spalle delle persone più deboli.
Ne è tangibile prova l’arresto lo scorso aprile di un 52enne, titolare di un’azienda edile, che nelle campagne di Acri aveva vessato per oltre un anno con angherie e minacce tre giovani in stato di indigenza – due cittadini afghani (in possesso del permesso di soggiorno per motivi umanitari) e un cittadino rumeno – costringendoli a lavorare quotidianamente per 14 ore consecutive in lavori edili, nella coltivazione dei campi e nella custodia di animali. Ed ancora, le 14 misure cautelari eseguite a carico di altrettanti soggetti nel settembre 2017, a conclusione di un’articolata indagine sul fenomeno del caporalato sul territorio silano ed, in particolare, sullo sfruttamento dei migranti nell’area di Camigliatello Silano.