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Omicidio Gioffrè. Parla Tiziana Mirabelli «avevo paura di morire, ho solo reagito. Era ossessivo, lo trovavo ovunque»

Omicidio Gioffrè

COSENZA – Importante udienza oggi in Corte d’Assise a Cosenza (Presidente Paola Lucente), sull’omicidio di Rocco Gioffrè, il 75enne trovato senza vita nella sua abitazione di via Montegrappa a Cosenza il 14 febbraio del 2023. L’anziano, originario di San Fili, venne ucciso con diverse coltellate nel suo appartamento da Tiziana Mirabelli, 49 anni, rea confessa, che oggi è stata ascoltata in una lunga deposizione.

La donna, unica imputata, difesa dall’avvocato Cristian Cristiano, ha ribadito con fermezza di essersi solo difesa da un tentativo di violenza sessuale sotto la minaccia di un coltello e che, al termine di una colluttazione, dopo essere riuscita ad impugnare il coltello, avrebbe colpito a morte il vicino di casa con diversi fendenti. Tutto e solo a difesa della sua vita.

La Mirabelli ha spiegato alla Corte di non aver mai avuto rapporti sessuali con Gioffrè e che era l’uomo ad essere diventato ossessivo: «mi ha offerto anche 1.000 euro al mese se fossi andata a letto con lui». Alla Presidente che insisteva sul contenuto delle chat nelle quali vi erano dei testi inviati dalla donna che facevano capire ben altro, che erano messaggi che non avevano alcun fine sessuale «si faceva dei film, quindi, anche alcune cose che scrivevo nelle chat forse lui le fraintendeva. Ma quando ci vedevamo per un caffè io lo ribadivo a lui che lo vedevo solo come un padre».

I rapporti di Tiziana Mirabelli con la famiglia Gioffrè

Il pubblico Ministero, Bianca Maria Battini, chiede alla Mirabelli dei rapporti con Gioffrè. «Eravamo vicini di casa – spiega la donna – li ho sempre aiutati, ad iniziare da quando il figlio era caduto dal balcone nel 2019, seguendolo nella sua riabilitazione, l’ho aiutato quando la moglie stava male e soprattutto quando erano senza casa. La moglie mi chiese aiuto chiedendomi di venire a vivere nel palazzo dove stavo io. Poi hanno avuto lo sfratto e da via Giostra Vecchia siamo andati a via Montegrappa. Secondo Gioffrè quello che facevo per loro, era solo perché avevo un interesse verso di lui, ma non era assolutamente così. Io l’ho sempre fatto per rapporti di amicizia e di buon vicinato. Era la moglie che mi chiamava e mi diceva che lui la trattava male e la picchiava».

«La moglie di Gioffrè aveva tanta fiducia in me e io le volevo bene, la vedevo come una seconda madre, mentre lui continuava a ripetermi che lo facevo solo perchè ero innamorata di lui. La famiglia Gioffrè veniva dipinta come la famiglia del Mulino Bianco, ma non era così».

“Era diventato invasivo e ossessivo”: 300 euro per la libertà

«Nessuna pretesa sessuale o economica lo ripeto. Se mi ha prestato qualcosa, parliamo di piccole cifre, io ho sempre restituito tutto. I rapporti con il Gioffrè sono stati continuativi dal 2019 al 2023. Sono peggiorati dopo la morte della moglie: me lo trovavo ovunque, era diventato invasivo e ossessivo, mi minacciava di continuo, me lo trovano in casa e fuori anche quando andava al lavoro. Bussava alla mia finestra quasi tutte le notte: era diventato un tormento tanto che dovevo stare con le finestre chiuse anche ad agosto. Ho ricevuto minacce sul telefono da Gioffrè dicendo che avrebbe fatto una strage che lui aveva le armi. E sparava anche dal balcone. Voleva far fare un TSO al figlio così che il 118 lo portasse via e lui potesse rimanere da solo a casa».

Un dettaglio di non poco conto è stato quello emerso in Aula secondo cui Tiziana Mirabelli avrebbe versato 300 euro mensili, non è chiaro per quanto tempo, a Rocco Gioffrè per la “sua libertà, per essere lasciata in pace”.

La dinamica dell’aggressione e il coltello

«Ero di spalle al Gioffrè e stavo cambiando le lenzuola del letto quando ho sentito la lama del coltello alla gola. Mi sono girata e gli ho tirato un pugno sulla guancia. Il coltello è caduto durante la colluttazione mentre cercavo di tenergli la mano ferma, perchè voleva accoltellarmi. Ho cercato di fargli del male al polso girandoglielo, per fargli cadere il coltello, perchè ero già tagliata, visto che avevo afferrato la lama con la mano per difendermi. Lo tenevo fermo con la mano destra e con la sinistra provavo in tutti i modi a fargli cadere il coltello. Lui mi ha detto chiaramente che, o andavo a letto con lui, o sarei morta».

«Avevo paura di morire»

«Mi ha tirato diversi pugni al braccio, aveva tanta forza, ma alla fine sono riuscita a fargli cadere il coltello. L’ho preso dal manico mentre lui continuava a picchiarmi e mi ripeteva che tanto non aveva niente da perdere. Avevo paura di morire ed ho solo reagito».

Il Pm contesta che nelle dichiarazioni rese in precedenza, il coltello fosse caduto dopo una prima coltellata alla pancia dell’uomo. Viene quindi mostrato il video registrato durante l’interrogatorio di 5 anni fa dove la donna dichiarò di essersi ferita alla mano bloccando la lama che poi girò prendendolo allo stomaco. La Mirabelli conferma invece quanto detto oggi in aula.

Si prosegue: «continuava a picchiarmi, sembrava un diavolo. Quando sono riuscita a prendere il coltello gli ho chiesto se per favore mi faceva passare, così non sarebbe successo nulla. Ma lui ha detto che quella mattina sarebbe finita male. Abbiamo nuovamente ripreso a litigare. Poi, dopo le coltellate lui mi è venuto addosso e si è accasciato». A specifica comanda la Mirabelli non ricorda il numero di coltellate inferte e nemmeno quanto sangue ci fosse.

Il giorni dopo la morte di Gioffrè

Si prosegue con l’interrogatorio ed il PM chiede alla donna, prima che si costituisse ai carabinieri, cosa avesse fatto in quei giorni e se asportò qualcosa dalla casa di Gioffrè. «Ho buttato degli stracci sporchi di sangue in alcune buste della spesa e poi ho raccolto delle coperte da dare ai senzatetto. All’infuori del coltello, non ho portato via nulla. Sono andata in bagno mi sono lavata le mani che erano sporche di sangue ed ho lavato anche il coltello. Poi sono andata verso la cucina e l’ho lanciato, ma non so dove sia finito».

Sui prelievi della postepay, la Mirabelli evidenza che erano piccoli prelievi fatti periodicamente dal conto della mamma per tenere bassa la giacenza media del conto ai fine dell’Isee e poi li rimetteva sul suo conto due volte l’anno con dei versamenti. L’ultima domanda del PM è sull’uso di stupefacenti. Mirabelli risponde «cocaina in passato, marijuana una settimana prima della morte di Gioffrè».

Tocca poi al legale interrogare la Mirabelli. Cristiano chiede perchè abbia fatto il deposito sul contro della madre, proprio la mattina dopo l’omicidio «volevo sistemare le cose di mia madre perchè volevo costituirmi. Non mi sono costituita subito perchè avevo paura». Cristiano chiede del coltello: Era suo? «Era di Gioffrè, l’ha portato lui ed era avvolto nel maglione».

«Qualche giorno prima della morte è entrato in casa e mi ha fatto vedere le microspie e le telecamere. Mi controllava e mi perseguitava, anche tramite chat, ma non l’ho denunciato perchè avevo paura». La Presidente Lucente chiede alla donna perchè allora non sia andata via da quella casa, magari andando a vivere dalla madre. La Mirabelli risponde «avevo paura ma poi quella era casa mia, avuta con tanti sacrifici, perchè dovevo andarmene?».

Le armi del Gioffrè «ne comprò di nuove nell’ultimo periodo – spiega la Mirabelli – come un’ascia che mi fece vedere e dei coltelli che voleva regalarmi». L’imputata racconta anche di come fosse stanca di subire le angherie da parte di Gioffrè, che si ritrovava in casa e sul balcone. «Scavalcava un muretto che collegava i due balconi e spesso me lo trovavo dentro, mi ha anche fatto dei danni al balcone». La cassaforte? «Non ne sapevo della sua esistenza. Sapevo solo che c’era un cassetto dove il Gioffrè prendeva i soldi quando c’era da pagare qualcosa come ad esempio quanto ha dovuto pagare il sevizio funebre dopo la morte della moglie». Dopo la morte di Gioffrè, Tiziana Mirabelli non rientra in casa e spiega «non ho avuto il coraggio di rientrare a casa ed ho dormito sulle scale». Le prossime udienze sono calendarizzate per la fine di giugno e la metà di luglio.

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