COSENZA – Divorata da un cancro, con le complicità del medico. Il capo dei giudici per le indagini preliminari Enrico Di Dedda, non ha dubbi, il decesso di Luisa Ritacco, 43enne, spirata lo scorso 11 gennaio è
di responsabilità di un medico. Nello specifico, Francesca Paola Gallo, ginecoloca in servizio presso ua casa di cura cittadina. Il verdetto deciso ieri dal gip, riapre le indagini sulla morte della 43enne che la Procura della Repubblica cittadina aveva chiuso, presentando una richiesta di archiviazione. Il non luogo a procedere nei confronti di nessuno è stato impugnato dall’avvocato Antonio Iaconetti, legale del marito e della figlia di Luisa Ritacco, costituitisi parte civile. Il calvario della 43enne e dei suoi familiari, inizia il 20 luglio del 2010, quando all’indomani di un pap test, effettuato dalla donna presso il consultorio familiare dell’Azienda sanitaria provinciale, vennero fuori i primi segnali del tumore. Immediatamente la donna si sottopose a tutte le indagini cliniche del caso, effettuando un a serie di controlli presso l’ospedale civile dell’Annunziata. Luisa Ritacco, per affrontare quel suo “mostro”, s’affidò alla ginecologa Francesca Paola Gallo che, come da protocollo fece sottoporre la paziente ad ulteriori e più dettagliati controlli. Da quegli esami specialistici non emerse nulla di buono. La patologia tumorale, seppur in fase iniziale, fu confermata. La ginecologa decise di procedere con un intervento chirurgico. L’operazione avvenne il 22 luglio del 2011. Sembrava che tutto fosse riuscito bene, tanto che il medico, nonostante le sollecitazioni alla cautela da parte dei familiari della donna, decise che la paziente poteva essere dimessa. Il 26 luglio, infatti, Luisa Ritacco, lasciò la struttura sanitaria per far ritorno a casa. Non le venne, però, prescritta alcuna terapia farmacologica, post intervento. I problemi per la paziente non erano finiti. Anzi il suo calvario stava per ricominciare. A settembre, infatti, venne ricoverata d’urgenza al Policlinico Gemelli di Roma per sottoporsi ad un nuovo intervento chirurgico. L’equipe interventistica dell’ospedale della Capitale, notò subito un’anomalia procedurale. Sulla paziente, operata per laparoisterectomia totale con anessiectomia bilaterale per neoplasia intraepiteliale ghiandolare di terzo grado, non era stata sottoposta alla linfoadectonia, che, sia secondo i medici romani, che l’avvocato Iaconetti, nonchè il consulente medico di parte della famiglia Ritacco, non venne presa in considerazione dalla ginecologa. Un presunto errore di valutazione medico-diagnostica che avrebbe causato la morte della 43enne, divorata in circa 7 mesi dal male incurabile.