ROMA – Si fa sempre più accesa la polemica sui vaccini e sulla somministrazione a determinato categorie. Dopo alcune morti sospette con Vaxzevria di AstraZeneca, a causa “di casi molto rari di trombi associati a bassi livelli di piastrine nel sangue”, così come riportato degli esperti, cresce la diffidenza nei confronti di questo vaccino. E nei centri vaccinali aumentano i rifiuti al momento dell’inoculazione. Sotto i riflettori, in questi giorni, anche il Janssen di Johnson & Johnson.
“È sbagliatissimo proporre questi vaccini (AstraZeneca e J&J) ai giovani, specialmente alle donne. Sono sempre stata convinta che non bisognerebbe darli a persone di età inferiore ai 55 anni”. Così Antonella Viola, immunologa e docente di patologia generale a Padova, in un’intervista al ‘Corriere della Sera’. “Per non aver dubbi – aggiunge – basta leggere un lavoro uscito sulla rivista Science dove si spiega come man mano che si scende con l’età i rischi di ricevere questi vaccini superano ampiamente i benefici. Nei più giovani il pericolo di avere conseguenze gravi a causa del Covid è invece molto basso. Ecco perché la Francia ha stabilito di limitare i due vaccini a vettore virale agli over 55”. Secondo Viola, la raccomandazione dell’Aifa “dovrebbe essere più chiara e perentoria. Tanto più che, rispetto a quando è stata diffusa, la situazione epidemica in Italia è molto cambiata. Il virus circola meno, abbiamo dosi di vaccino a volontà. Quindi non c’è motivo di affrettarsi a vaccinare”.
Locatelli “necessaria riflessione su AstraZeneca nei giovani”
“Vi è in queste ore un’attenzione suprema per cogliere tutti i segnali che possono allertare su eventuali effetti collaterali che portino a considerare dei cambiamenti di indicazione. Il vaccino di AstraZeneca è già preferenzialmente raccomandato per i soggetti sopra i 60 anni di età, perché il rapporto tra i benefici derivanti dalla vaccinazione ed eventuali rischi diventa incrementale con l’età e particolarmente favorevole sopra questa soglia”. Lo ha ricordato il coordinatore del Cts e presidente del Consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli, questa mattina a Rainews24. “Quello che si è verificato nella sfortunata ragazza di Genova, cui va tutta la mia attenzione e il mio affetto per quanto accaduto – sottolinea – pone un’ulteriore riflessione, anche alla luce del mutato contesto epidemiologico, in quanto la riduzione dei casi che abbiamo nel Paese rende anche più cogente tale riflessione”.
L’associazione Coscioni scrive al Governo
L’Associazione Luca Coscioni ha scritto al Governo e al Commissario per la pandemia contro la somministrazione dei vaccini Astrazeneca e J&J ai giovani. Tra i firmatari del documento, scienziati ed accademici come Valeria Poli, presidente della Società Italiana di Biofisica e Biologia Molecolare, che ribadisce la sua posizione a Radio Cusano Campus: “I vaccini Astrazeneca e J&J sono efficaci nel proteggere dalla malattia grave, però hanno la caratteristica, che non condividono con i vaccini a Mrna, di poter causare eventi rari molto gravi. Su Astrazeneca abbiamo più dati, dall’ultimo report britannico emerge che ci sono stati all’incirca 2 casi di trombosi su 100mila tra i 20 e 49 anni e molti meno casi per gli over 50. L’Aifa consiglia la somministrazione di questi vaccini sopra i 60 anni. In un momento in cui il virus circola così poco non ha senso sottoporre a questo rischio i giovani, che rischiano pochissimo dal Covid. Con il gruppo delle scienziate per la società è da marzo che cerchiamo di dare delle informazioni, la paura si crea quando non ci sono informazioni chiare. Io penso che dire: ‘teniamo Astrazeneca per gli over 60 perché lì il rischio-beneficio è assolutamente a favore del beneficio’ non avrebbe creato così tanta esitanza vaccinale su Astrazeneca. I vaccini non sono tutti uguali, si tratta di conoscerli per poterli usare nel modo corretto”.
“Sono felicissima degli open day per vaccinare i giovani, – prosegue la Poli – quello che non mi spiego è perché non utilizzare Pfizer rispetto ad Astrazeneca, sembra quasi che lo si utilizzi perché si vogliono finire le dosi che si hanno. I dati sono incontrovertibili, nella fascia di popolazione giovane forse il gioco non vale la candela. Alcuni scienziati forse si stanno discostando dalla pura analisi dei dati per andare incontro a delle esigenze politiche, come quella di non creare esitanza vaccinale o di non volersi contraddire. Gli scienziati si devono esporre e parlare alla gente, credo che il grande problema della comunicazione della scienza è dato dal fatto che molti di questi scienziati sono diventati delle piccole star, degli abitué delle tv e dei giornali e sono diventati autoreferenziali, in molti casi non hanno resistito a dare ad ascoltatori, giornalisti e politici quello che volevano, ovvero certezze. Le certezze la scienza non le ha soprattutto nello studio di una malattia così complessa, ci sono dati su cui si costruiscono ipotesi, il problema è che in Italia al metodo scientifico non siamo abituati e la gente ti chiede certezze. Quando uno scienziato si sbilancia a dare certezze non sta più facendo scienza, sta facendo politica. Molta responsabilità in questo ce l’hanno i conduttori televisivi che coltivano questi scienziati-personaggio perché fanno audience”.