Per raggiungere livelli accettabili di sicurezza nelle cure In Italia mancano 47 mila infermieri. In oltre 5 anni, Campania, Lazio e Calabria, da sole, hanno perso 5.439 professionisti.
ROMA – Tra il 2009 e il 2014 sono andati ‘persi’ 7.500 infermieri a causa dei tagli al settore e ai blocchi del turnover. Una ‘emorragia’ che ha colpito in particolare le Regioni in piano di rientro: Campania, Lazio e Calabria hanno perso 5.439 infermieri in 5 anni. E’ quanto emerge dall’analisi della Federazione dei Collegi degli infermieri Ipasvi, in base ai dati 2014 del Conto annuale della Ragioneria generale dello Stato.
Molti infermieri non lavorano e chi lavora lo fa con mille difficoltà
Nei 5 anni in esame le retribuzioni sono state ridotte del 25% in termini di potere di acquisto. Quanto all’età media dei professionisti, a causa del mancato ricambio generazionale la percentuale di over 50 – meno adatti a turni pesanti e a manovre rischiose – a livello nazionale è pari al 38% degli ‘operativi’, ma in Calabria raggiunge il 61%, il 58% in Molise e il 54% in Campania. E poi i turni massacranti testimoniati dalla continua crescita della spesa per gli straordinari, necessari a coprire le carenze d’organico: in Lazio e Campania raggiunge in media il 4,5% della retribuzione del singolo infermiere, contro l’1,9, ad esempio, delle Marche.
“La soluzione – spiega Barbara Mangiacavalli, presidente dell’Ipasvi – sono nuove assunzioni”. Ma “un ‘placebo’ per alleggerire la situazione nelle Regioni in piano di rientro sarebbe la mobilità volontaria, prevista dalla riforma della Pubblica Amministrazione, ma che aziende e Regioni ‘bloccano’ non rilasciando i nulla osta. A richiederla sono soprattutto le Regioni del Sud e ad aderire sarebbero gli infermieri di quelle stesse Regioni che vivono da anni a migliaia di chilometri da casa”.
I dati dell’Ipasvi indicano che in Campania ogni infermiere accudisce ben 18 pazienti, la metà rispetto ai 9 che il collega del Veneto o della Liguria si trova a dover gestire: è un carico di lavoro extra quello che i professionisti si trovano a svolgere nelle regioni in piano di rientro. Somministrazione di farmaci, prelievi di sangue, misurazione della temperatura e dei parametri vitali, cambio del catetere, gestione della dialisi. Sono solo alcuni dei tantissimi compiti che un infermiere è chiamato a svolgere nei confronti del malato, sia a domicilio che in ricovero.
Sui dati nazionali resi noti dall’Ipasvi, è intervenuto ai microfoni di Rlb Radioattiva, il responsabile regionale Fausto Sposato
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“Studi internazionali – riferisce Ipasvi – indicano che se i pazienti per infermiere scendono da 10 a 6, la mortalità si riduce del 20%“. Un dato che basta a far capire perché, in questo caso, la sicurezza è una questione di numeri. Numeri rispetto ai quali l’Italia arranca.
Se la media nazionale è di 12 pazienti per infermiere, nelle regioni in piano di rientro, che di più scontano il blocco del turn over e la carenza di personale, si arriva a 18 pazienti per infermiere in Campania, 16 nel Lazio, 15 in Piemonte, 14 in Puglia. Al contrario, alcune Regioni come Veneto, Toscana, Liguria e Basilicata si fermano a 9 e il Friuli Venezia Giulia fa ancora meglio con 8.