Costretta a subire le vessazioni e le richieste di denaro del figlio per l’acquisto della cocaina e nel frattempo quelle degli spacciatori ai quali doveva circa 2.000 euro.
COSENZA – Ancora una madre coraggio che è riuscita, grazie alla sua denuncia a far arrestare spacciatori di cocaina e marijuana. Le ordinanze in carcere sono state emesse per Dimitri Bruno di 30 anni, Maria De Rose, di 48 anni e Riccardo Gaglianese di 25 anni. Le ordinanze agli arresti domiciliari hanno riguardato Giuseppe Cristaldi di 37 anni e Marcello Bennardo di 53 anni, Manuel Esposito, ventiquattrenne. L’obbligo alla presentazione alla Polizia giudiziaria è stato emesso nei confronti di C.Q. di 26 anni. Una persona è irreperibile M.C.
I dettagli dell’indagine
Agli otto indagati, vengono contestati numerosi episodi di cessione di sostanza stupefacente (trenta i casi contestati) in particolare cocaina e marijuana. E sono state le dichiarazioni rese dalla donna alla Polizia Giudiziaria che, tra notevoli difficoltà, in quanto terrorizzata dal timore di incorrere in ritorsioni da parte dei fornitori della droga al figlio, ha raccontato tutta la sua difficile storia e permesso agli inquirenti di ottenere un quadro più ampio e circostanziato della vicenda.
La donna infatti, per evitare al figlio ritorsioni da parte di coloro che gli cedevano la droga e che nel frattempo si erano tramutati in feroci aguzzini, si era fatta carico di debiti contratti dal figlio per importi considerevoli, 2.000 euro -, subendo però, gli avvertimenti di Dimitri Bruno e della mamma, Maria De Rose nonchè del giovane Q.C., che l’avevano pesantemente minacciata qualora non avesse provveduto a saldarli. Pertanto, a partire dal mese di luglio dello scorso anno, in più tranche, la donna si era vista costretta a versare ai “creditori” del figlio la somma di denaro per i debiti contratti per l’acquisto della droga.
Le dichiarazioni rese dalla donna, sono state inoltre corroborate da quelle dell’amministratore di sostegno del giovane tossicodipendente che, analogamente, aveva ricevuto minacce e richieste spropositate di denaro dallo stesso giovane, per potere acquistare la cocaina che aveva provveduto a denunciare e da cui era scaturito altro procedimento penale. Le indagini, svolte nell’arco di quasi un anno dalla prima denuncia, si sono sviluppate secondo i consueti canoni investigativi: intercettazioni telefoniche ed ambientali, pedinamenti e appostamenti che hanno permesso, in taluni casi, di riscontrare l’attività di spaccio posta in essere dagli indagati. Complessa è stata l’attività investigativa della Polizia Giudiziaria che ha dovuto svolgere parte delle indagini in contesti ambientali difficili come nel quartiere di San Vito, diventata piazza di “spaccio” .
La cocaina arrivava anche in comunità
Per sottolineare ulteriormente la pericolosità degli indagati – precisano gli inquirenti – uno di loro, Dimitri Bruno, aveva trovato anche il modo di fare arrivare la “cocaina” all’interno della struttura sanitaria dove il giovane tossicodipendente si trovava sottoposto alla misura di sicurezza della libertà vigilata e ricoverato in “doppia diagnosi” – si tratta di un regime di ricovero per pazienti affetti da disturbi psichiatrici dovuti all’abuso di sostanze stupefacenti. E questo sarebbe stato possibile grazie a Giuseppe Cristaldi, in quanto addetto alla manutenzione della struttura sanitaria. In virtù del rapporto professionale precedentemente instaurato, aveva ampia possibilità di movimento all’interno della struttura stessa.
In cinque occasioni, una delle quali con riscontro immediato e sequestro di droga, sono stati documentati episodi di cessioni avvenutiall’interno della struttura. A seguito dell’ampio quadro probatorio, positivamente valutato dal GIP, sono state accolte le richieste Pm, che ha contestato agli indagati le accuse. L’operazione è stata convenzionalmente denominata “Sette note”, prendendo spunto dalla residenza della principale indagata, Maria De Rose, nei pressi del teatro di tradizione cosentino.
Spagnuolo: “uno spaccato delicato e difficile”
“Il figlio era un assuntore e dialogava con queste persone. Ma è uno spaccato complicato – spiega il Procuratore di Cosenza, il dott. Mario Spagnuolo – difficile, una situazione che desta allarme. Non è la prima indagine che nasce a seguito di una denuncia di una mamma. Giovanissimi assuntori che si trasformano poi in spacciatori e che diffondono droga sul territorio e non hanno remore ad entrare in luoghi di cura per la tossicodipendenza e rifornire i loro cliente. La Procura sta facendo tante indagini ma il problema è molto più complesso, di prevenzione, sociale…”.
“La figura della madre ha avuto un ruolo importante – ha spiegato invece la d.ssa Marisa Manzini, sostituto procuratore di Cosenza – perchè dopo essere stata soggetta a minacce e intimidazioni da parte del figlio, ha deciso di denunciarlo per cercare di fare un’ampio squarcio in quella che vedeva in verità il figlio, vittima della situazione perchè assoggettato alla droga. La caratteristica di questo territorio è che gli assuntori sono giovani e questo deve far alzare il livello di attenzione di tutte le istituzioni”.