Diritti negati, condannata la Cgil

COSENZA – Toh, il sindacato che difende i diritti, li nega al suo interno. Può sembrare assurdo ma è così. Questa storia la racconta il giudice del Lavoro del Tribunale di Cosenza che, al termine di una lunga abbaglia legale, intrapresa da un ex dipendente della sezione cosentina della Cgil, ha condannato il più storico sindacato “rosso” a pagare 30mila euro a quel suo dipendente, assunto senza contratto e “sfruttato” di mattina e di pomeriggio.

Se una storia del genere, usciva da uno di quei centri di lavoro dove il padrone, gestisce orari, assegna mansioni, licenzia, assume, demansiona e ricatta a suo piacimento, forse non ci si sarebbe meravigliati più di tanto, considerato che, purtroppo, in alcune realtà lavorative, essere sotto padrone significa, soprattutto alle nostre latitudini e longitudini, essere sotto schiaffo e non avere alcun potere contrattuale in mano per rivendicare i propri sacrosanti diritti negati. Ma quando a negare quei diritti è un sindacato che, sulla salvaguardia e protezione dei diritti ne ha fatto una sua ragione d’essere, allora diventa tutto più difficile, da accettare, da comprendere, da commentare e da capire. Comunque, ritornando alla storia in questione e al suo epilogo giudiziario, il dipendente “defenestrato, sottopagato e assunto in nero” aveva lavorato all’interno del sindacato di piazza della Vittoria, svolgendo più mansioni: dal centralino all’archivio, trovando anche il tempo di mettersi al volante di un’auto, sempre per esigenze di servizio. Stanco di subire passivamente questa situazione e non vedendo aprirsi prospettive di sicura certezza economica ed occupazione, il giovane ha deciso di rivolgersi all’avvocato Aldo Filicetti, per ottenere giustizia. L’ex dipendente della Cgil, infatti, attraverso documenti, testimonianze e prove a suo favore, è riuscito a dimostrare che l’atteggiamento del sindacato nei suoi confronti non era proprio basato sul rispetto del contratto di lavoro concordato, anzi, tutt’altro. La lunga sfilza di testimoni, chiamati dall’avvocato come testi a difesa del suo assistito, ha confermato che il giovane risultava essere fisicamente presente all’interno del sindacato, con mansioni di varia natura. La Cgil, dal canto suo, ha cercato di smontare la tesi difensiva del giovane, producendo memorie che, però, non hanno convinto il giudice. E’ stato proprio questo il motivo che ha spinto il giudice Alessandro Vaccarella ad emettere la sentenza di condanna nei confronti del sindacato. Il verdetto di condanna della Cgil, è stato, naturalmente, accolto con soddisfazione dell’avvocato Filicetti che, uscendo dall’aula, ha commentato: «I diritti del mio assistito son stati calpestati dal sindacato ma difesi dalla giustizia. Siamo soddisfatti per l’esito del processo, durato oltre cinque anni, e del fatto che sia stato rispettato un sacrosanto diritto sancito e difeso dalla nostra Costituzione».

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