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“Cloaca Maxima”, l’attività illecita del direttore dell’impianto e degli operai

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“Cloaca Maxima”, l’attività illecita del direttore dell’impianto e degli operai

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Depuratore Coda Di Volpe, visionati 5873 ore di filmati, ascoltate oltre 10mila telefonate. In due mesi 141 sversamenti di liquami non depurati nel fiume Crati

 

RENDE – Coda Di Volpe, “Un impianto per la depurazione veniva invece utilizzato per inquinare“. Con queste parole il Procuratore capo della Procura della Repubblica di Cosenza Mario Spagnuolo, ha spiegato l’operazione Cloaca Maxima che vede indagate sei persone: il direttore dell’impianto V.C. 63 anni di origini napoletane, e cinque operai G.P. 51 anni, D.F. 56 anni (responsabile dell’unità operativa interna), A.T. 65 anni, R.V., 54 anni e E.V. 52 anni, accusati, in concorso tra loro, di aver cagionato una compromissione  e un deterioramento significativi e misurabili delle acque del fiume Crati e del relativo ecosistema, alterandone la composizione chimica , fisica, batteriologica, l’aspetto esteriore, il colore e l’odore. In qualità di turnisti dell’impianto talvolta sulla base di precise direttive impartite dal direttore dell’impianto e del responsabile dell’unità operativa interna sversavano ripetutamente nel fiume Crati tramite il bypass posto  a monte della sezione ossidativa del depuratore, cospicui quantitativi di liquami non completamente depurati in quanto sottoposti alla sola fase della sedimentazione primaria. In altri casi gli operai su direttive sempre del responsabile dell’Uo interna, sversavano tramite il bypass generale posto a monte dell’impianto di depurazione enormi quantitativi di liquami senza che gli stessi fossero stati sottoposti ad alcuna fase del trattamento depurativo, ad eccezione della grigliatura. Ancora gli indagati sversavano quotidianamente nel fiume Crati svariati quantitativi di liquami che, pur avendo svolto l’intero ciclo di depurazione, contenevano sostanze con valori superiori a quelli previsti per lo scarico in acque superficiali per come previsto dal D.lgs. 2006, con particolare riferimento all’azoto ammoniacale e all’azoto nitroso. con l’aggravante dell’aver commesso il fatto su beni sottoposti a vincolo paesaggistico. In una parola sola come ha dichiarato il Procuratore capo Mario Spagnuolo (leggi articolo correlato con intervista) “Un disastro ambientale e uno scempio al quale stamattina è stata messa, almeno per ora, la parola fine con l’operazione Cloaca Maxima”. Analizzate e non solamente visionate 5873 ore di filmati, ascoltate più di dieci mila telefonate. Accertati nell’arco di due mesi per ben 141 volte copiosi sversamenti di liquami non depurati nel fiume Crati 

 

La conferenza stampa

coda volpeAlla conferenza stampa questa mattina in Procura a Cosenza, insieme al Procuratore Capo Mario Spagnuolo, dell’aggiunto Marisa Manzini, del sostituto procuratore Giuseppe Cozzolino, del colonnello Borrelli, comandante regionale dei Carabinieri Forestali, del tenente colonnello Perrone e del capitano Mirabelli, comandante nel nucleo investigativo di Cosenza. L’aggiunto Marisa Manzini ha fatto il punto su quello che sono state le fonti di prove acquisite, in un’attività d’indagine complessa. «Abbiamo dovuto acquisire la maggior parte degli elementi che consentissero di preparare una richiesta cautelare che fosse il più possibile tranquilla. Le dichiarazioni degli abitanti nei pressi del momento di effluenza nel fiume Crati, di quello che sono i liquami nel Fiume Crati, ci ha consentito  di acquisire il dato di un evidente schiuma bianca presente nella parte superficiale delle acque maleodoranti che faceva comprendere che qualcosa non funzionasse per il verso giusto. Le analisi sono state effettuate sui prelievi che si effettuavano periodicamente dalla polizia giudiziaria che ci hanno portato ad acquisire il dato dalla presenza degli inquinanti oltre i livelli consentiti, rappresentati dai tensioattivi ammionici, azoto ammoniacale e nitroso, che ci ha consentito di comprendere che qualcosa non stava funzionando per il verso giusto. Attività quindi di intercettazione, videosorveglianza, che ci ha permesso di capire che chi stava lavorando in quel momento stava commettendo attività illecite che non consentiva al depuratore di svolgere tute le attività di trattamento previste, non utilizzava tutti i passaggi necessari per la depurazione delle acque, utilizzando in modo illecito i bypass faceva confluire nel fiume i liquami non depurati. La necessità di intervenire subito è stata determinata dal fatto che il delitto di inquinamento è un delitto grave, compromette l’ambiente  e che non è in grado di riparare alle conseguenze, per ripristinare  la situazione ambientale corretta».

 

L’attività investigativa: come smaltivano i liquami

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