Calabria
Test del dna a Pizzo Calabro sulla presunta salma del re di Napoli Murat
Il Ris procederà agli esami biologici per stabilire se i resti appartengono effettivamente al cognato di Napoleone Bonaparte.
PIZZO CALABRO (VV) – Aperta oggi la cripta sotterranea del duomo di Pizzo dove si pensa sia stato sepolto il corpo del re di Napoli, Gioacchino Murat, cognato di Napoleone. L’operazione è il primo passo per giungere con certezza all’identificazione delle spoglie del re di Napoli che nell’ottobre del 1815 venne catturato, imprigionato ed ucciso a Pizzo Calabro. Dopo l’apertura saranno ora i carabinieri del Ris a scendere nella cripta per gli esami biologici ed il test del Dna. Se gli esami dovessero confermare l’appartenenza dei resti a quelli di Gioacchino Murat, si procederà a traslarle e portare i resti in altro luogo per la sepoltura. L’operazione è stata compiuta con grande discrezione così come aveva chiesto la Diocesi. La rimozione di una delle tre lastre di marmo ha consentito una prima indagine visiva per rendersi conto della situazione e verificare la presenza di ostacoli fino alla cassa che si presume contengano i resti di Murat.
“Murat rappresenta – ha detto il sindaco di Pizzo, Gianluca Callipo – uno dei maggiori motivi di interesse culturale di Pizzo. Sono decine di migliaia, infatti, i turisti e gli studiosi che ogni anno visitano il Castello Murat, per vedere i luoghi della sua breve prigionia, del processo e dell’esecuzione mediante fucilazione ad opera della gendarmeria borbonica. Recuperare i suoi resti e allestire un nuovo luogo di sepoltura più visibile e visitabile, significherebbe un grande risultato per la nostra città, non soltanto in termini di valorizzazione culturale, ma anche con riferimento alla promozione turistica del territorio”. Questo primo step operativo effettuato oggi, segna il passaggio dalla fase di studio alle operazioni di recupero vero e proprio, così come programmato dal comitato tecnico-scientifico istituito circa un anno fa dal Comune, in collaborazione con l’associazione Murat Onlus. Del comitato fanno parte anche la Sovrintendenza ai Beni archeologici, l’Università di Camerino, il parroco del Duomo e il Reparto investigazioni scientifiche dei Carabinieri.
Il sindaco Gianluca Callipo ha ringraziato per la puntuale collaborazione il capitano dei carabinieri della Compagnia di Vibo, Diego Berlingieri, e il comandante della stazione di Pizzo, Paolo Fiorello. La posizione della cassa di Murat fu individuata alla metà degli anni ’70, in occasione dei lavori per il rifacimento del pavimento della chiesa, quando nella cripta fu calata una macchina fotografica. Le immagini così ottenute mostrarono numerosi resti di corpi umani, tumulati nel corso dei secoli, a conferma della consuetudine di seppellire i defunti sotto le chiese. Tra queste spoglie, fu individuata una bara che corrisponde alla descrizione che alcune cronache dell’epoca fanno dell’ultimo viaggio del re. In particolare, dopo la fucilazione, il suo corpo venne composto in una cassa di abete che durante il trasporto verso il Duomo cadde sul selciato, rompendosi. Per rimediare all’incidente, fu effettuata una riparazione di fortuna, avvolgendo la cassa con una lunga corda. Ed è proprio su un feretro legato da una corda che si è quindi concentrata l’attenzione dei ricercatori. La certezza si avrà soltanto effettuando la comparazione del Dna con quello dei discendenti che vivono oggi in Francia.
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