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Giornalismo e precariato. “Un esercito di sfruttati e malpagati”

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Giornalismo e precariato. “Un esercito di sfruttati e malpagati”

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COSENZA – “Crolla la palazzina e muoiono quattro tessitrici pagate a 3,58 euro l’ora.

Il Paese si scandalizza, ma ignora che i giornalisti che raccontano questa storia guadagnano molto meno”. Esordisce così il presidente dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti Enzo Iacopino oggi nella sede cosentina di Confidustria per il seminario su Giornalismo e Precariato organizzato dal Circolo della Stampa Maria Rosaria Sessa. “Il precariato e lo sfruttamento che esiste tra i giornalisti costituisce una seria minaccia per la democrazia, – ha affermato Enzo Iacopino – non si può avere un’informazione libera se si guadagnano 2,50 euro lordi ad articolo. Sono arrabbiato con me stesso, come ordine ci siamo voltati dall’altra parte quando vergogna si sommava a vergogna. In Calabria abbiamo giornalisti con ritardi nelle retribuzioni che arrivano oltre i 12 mesi. Parlano di casta, ma possono essere una casta 10mila persone che non arrivano a 5mila euro annui e 20mila che a stento raggiungono i 10mila euro? Quando Grillo parla dei giornalisti non sa di cosa parla. La massa è fatta di professionisti che sopravvivono a schiena dritta con 300/400 euro al mese!”. “C’è nebbia nel modo del giornalismo – ha affermato il presidente del Circolo della Stampa, Gregorio Corigliano – ci vorrebbe un piano Marshall per l’editoria”. La platea si surriscalda e tra i precari qualcuno insorge: “Loro ci costringono a lavorare gratis – afferma una pubblicista 33enne – e voi pretendete un praticantato con un reddito che è mera utopia. Difendete i nostri diritti. Qui non si lavora, non si può andare avanti così”. La ricetta di Soluri, presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Calabria è semplice: “cancelleremo dall’albo i giornalisti non retribuiti”. Il pubblico mugugna. “Il precariato nasce dalle difficoltà del settore dell’editoria – afferma Soluri – l’ispettorato del lavoro non funziona, i controlli sono quasi inesistenti. Si vive senza diritti né garanzie sotto l’insidia dello sfruttamento. Eppure anche il giornalista è un lavoratore, non lo è solo il manovale”. Un ‘manovale’ del taccuino pone poi in essere una questione ancora più allarmante, quella dell’incolumità personale. “Siamo passibili di querela, sempre – afferma il giornalista – in più obbligati ad usare il condizionale anche per i pluripregiudicati, anche perchè se poi per qualche vizio di forma vengono scagionati chi ci tutela?”. Il tutto per un decimo del salario di una colf. 

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