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Amarelli apre l’anno sul Sole 24ore
ROSSANO – “È buona, fa bene, è nota fin dall’antichità per le sue virtù , anche in Cina. Piace a Napoleone e a Casanova. Jean Jacques Rousseau la consiglia nella
dieta dell’Émile. Masticarne un bastoncino, aiuta lo sviluppo sereno del bambino. È una dolce radice: la liquirizia” (…). Il segreto di questa eccellenza italiana però, dopo la seconda guerra mondiale, si trova nell’unica fabbrica di liquirizia in Calabria, una delle poche in Italia. E non è racchiuso solo nella pasta lucida e profumata che esce dal concio: Il segreto è anche nella scatola”. Con queste parole, la scorsa domenica 6 gennaio 2013, Francesco Molteni, giornalista de “Il Sole 24 Ore” dedica un bell’articolo, dal titolo “COME SPLENDE QUESTA LIQUIRIZIA”, ad uno dei più grandi orgogli calabresi. Una storia fatta di passione, impresa, cultura e tradizione. Inizia bene il nuovo anno la plurisecolare azienda Amarelli di Rossano, l’eccellenza calabrese famosa in tutto il mondo e considerata la migliore in assoluto. A sostenerlo nel 1885 – si legge nell’articolo – è l’Enciclopedia Britannica. È qui, a Rossano, che nel 1731, la famiglia Amarelli crea un impianto proto-industriale, il concio per estrarre il succo delle radici di questa pianta benefica. Così, da questa intuizione – si legge su Il Sole 24 Ore – nasce la liquirizia del Barone Amarelli.
Tre secoli dopo il prodotto è ancora lo stesso, la lavorazione è rimasta artigianale. La concentrazione finale del succo – prosegue l’articolo – avviene ancora a cielo aperto, per non modificarne il colore e non dover aggiungere coloranti. La pasta densa e nera si asciuga in grandi stufe con getti di vapore. Nel 1919 nasce la prima confezione in metallo. 20 grammi di liquirizia pura. Così – continua il giornalista – si valorizza un prodotto fino ad allora no nome, disponibile in grandi quantità sui banchi dei droghieri. Riconoscibile e igienica, con la scatola di latta si può andare in tutto il mondo a promuovere la liquirizia di Rossano. Ma non basta. Fatta la confezione, ci vuole anche un’immagine che rappresenti il contenuto. Un racconto. E questa volta – forse sarebbe piaciuto a Rousseau – sono i bambini a insegnare gli adulti.
Domenico Amarelli – va avanti Molteni – osserva l’album di disegni colorati del figlio minore. Sono 3 nanetti che giocano nel bosco e taglia erba. Ecco, l’idea. Al posto del tronco – d’albero basta mettere un ramo di liquirizia per avere un’immagine giusta. Altre ne seguiranno, di scatole “firmate”. Pasquale Amarelli è il più bravo a disegnare bozzetti. E’ lui l’autore della scatole delle “Amarelline”, le pasticche di liquirizia extra depositata come brevetto di marchio d’impresa il 14 dicembre 1946. E poi arriveranno i confetti “Bianconeri”, i gommosi “Assabesi”, i morbidi “Sassolini”. Un mondo in una dolce radice che da 300 anni viene coltivata dalla stessa famiglia nello stesso luogo.
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