Calabria
False fatture, 34 arresti. Nel mirino anche un commercialista del clan Piromalli
Le indagini hanno portato anche al sequestro di beni per un valore di 13 milioni di euro. Coinvolto anche un commercialista che si occupava della contabilità della cosca Piromalli
COMO – Le indagini, condotte dagli agenti della Squadra Mobile della questura di Milano e dai militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Como e delle compagnie di Como e Olgiate Comasco della Guardia di Finanza, sono state coordinate dalla procura di Como. Sono trentaquattro le persone coinvolte e ritenute responsabili a vario titolo di reati tributari e fiscali, estorsione e indebito utilizzo di carte di pagamento. Tra i beni, per un valore di 13 milioni di euro sequestrati, anche le abitazioni riferibili a un commercialista che teneva la contabilità alle società della cosca di ‘ndrangheta dei Piromalli di Gioia Tauro.
Le indagini hanno consentito di fare luce su un complesso sistema fraudolento che, mediante lo sfruttamento strumentale e illecito di numerose società cooperative e il ricorso allo strumento dell’emissione di fatture per operazioni inesistenti, garantiva ingenti guadagni agli indagati, alcuni dei quali legati alla criminalità organizzata calabrese.
Commercialista ed ex bancario ideatori del sistema fraudolento
Le operazioni che hanno portato alle violazioni tributarie e fiscali contestate, spiega in una nota il procuratore della Repubblica di Como Nicola Piacente, sono state ideate da Massimiliano Ficarra (commercialista titolare di uno studio con sede a Gioia Tauro) e Cesare Giovanni Pravisano (ex funzionario della banca Commercio ed Industria di Milano). Secondo le accuse gli indagati, utilizzando le loro competenze nel settore bancario, hanno ideato e attuato un sistema di frode finalizzato all’evasione fiscale, ininterrottamente replicato dal 2010, attraverso la sostituzione di società dolosamente destinate al fallimento (consorzi e società cooperative di lavoro) e sostituite con nuove società costituite con la medesima finalità.
Di fatto venivano costituite società cooperative di lavoro intestate a prestanome che venivano utilizzate come meri contenitori di forza lavoro e soggetti fiscali su cui dirottare gli oneri tributari e previdenziali, mai pagati; venivano poi costituiti consorzi nei confronti dei quali venivano emesse fatture per operazioni inesistenti creando un consistente debito Iva. Di fatto il personale lavorava per il consorzio, ma risultava in carico alle cooperative, che godono di varie agevolazioni fiscali
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