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Incendio al liceo Artistico, imputato scagionato dalle scarpe, dall’altezza e dal naso

Cosenza

Incendio al liceo Artistico, imputato scagionato dalle scarpe, dall’altezza e dal naso

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Luca Bruno era stato indicato da due docenti come il possibile incendiario del liceo Artistico. La difesa smonta il castello accusatorio: l’incendiario è un’altra persona

 

COSENZA – Era stato accusato di aver tentato di incendiare lo stabile in cui è ubicato il Liceo Artistico di Cosenza. Luca Bruno, all’epoca dei fatti ventenne (23 maggio 2018, ndc) è stato assolto con formula piena per non avere commesso il fatto. Grazie all difeso dall’avvocato Luca Le Pera è riuscito a dimostrare come fosse estraneo alla vicenda. Ex studente del liceo Artistico, fu indicato, anche se con molti dubbi, da due docenti dell’istituto. Una incriminazione che è costata al giovane un processo giudiziario e la frequentazione delle aule del Tribunale.

Il giovane scelse di essere giudicato con il rito abbreviato. Il giudice il 28 febbraio scorso ha posto fine al calvario giudiziario con una assoluzione piena per non avere commesso il fatto, non per come aveva evidenziato la Procura per mancanze di prove, ma perchè le prove acquisite dagli stessi inquirenti, per come dimostrato dalla difesa, scagionavano l’imputato rendendolo totalmente estraneo ai fatti

INCENDIARIO ED IMPUTATO DUE PERSONE DIVERSE

La svolta principale avviene a seguito delle indagini difensive.

ll consulente nominato dalla difesa, l’ingegnere Antonio Manna, ha utilizzato dei calcoli  – lavorando direttamente sul luogo in cui è accaduto il fatto, ossia l’ingresso del liceo Artistico – per dimostrare che l’imputato e l’incendiario non erano la stessa persona. Ha preso in esame varie parti del corpo come per esempio la forma del naso dell’imputato mettendolo a confronto con quello della persona ritratta nel filmato della videosorveglianza della scuola, dimostrando che erano completamente diversi. Infatti il naso dell’imputato è risultato essere più lungo. Ciò significa che quando l’incendiario era chinato per appiccare il fuoco doveva vedersi questo naso completamente diverso.

L’unica telecamera che aveva ripreso il ragazzo era all’interno della scuola. Il consulente della difesa posizionando una telecamera alla stessa altezza di quella in uso alla scuola ha dimostrato che la persona che ha commesso realmente il fatto è alta 1.80 metri contro l’1.70 dell’imputato. Questo è stato possibile grazie a delle misurazioni effettuate con le figure, le statue e gli oggetti presenti davanti alla scuola – una scultura in cemento, un banner – nella stessa identica posizione come all’epoca dei fatti

GLI ABITI SEQUESTRATI

Il secondo accertamento svolto dalla difesa è stato quello di chiedere l’autorizzazione al giudice di poter prendere visione dei beni sequestrati. La polizia giudiziaria affermava che nel video l’incendiario indossava una maglia blu elettrico. All’imputato, nelle prime fasi di indagini furono sequestrati una camicia di jeans, un jeans e delle scarpe da tennis. Su quest’ultime gli investigatori avevano optato per eseguire delle indagini scientifiche per via di “materiale” ritrovato sotto la suola. In realtà non venne svolta nessuna indagine.

LE SCARPE DA TENNIS ERANO NUOVE

La difesa ottenuta l’autorizzazione dal giudice a prendere visione del materiale posto sotto sequestro presso la caserma dei carabinieri che avevano eseguito l’indagine, davanti ai militari dell’Arma è stata aperta la scatola contenente gli indumenti quali prova del reato consumato, constatando che le scarpe da tennis erano nuove.

E tra la diversità fisica riscontrata nei filmati e la verifica degli indumenti, la difesa ha scagionato l’imputato. 

L’avvocato durante l’arringa ha dimostrato come cambiasse il quadro probatorio dall’affermare che quelle stesse scarpe ammesse come prova e indicate come usate, in realtà fossero nuove. Dal video emerge più volte che l’incendiario prende a “calci” il fuoco per avvicinarlo alla porta: una scarpa da tennis di gomma avvicinandola al fuoco rimane con delle venature da calore. Le scarpe sequestrate a Bruno, invece, è stato constatato fossero nuove e pulite.

L’ASSOLUZIONE PER NON AVERE COMMESSO IL FATTO

La difesa ha consegnato al Gup le due consulenze su cui la pubblica accusa non ha potuto muovere alcun dubbio nè contestazione. Per questo motivo il pubblico ministero ha chiesto l’assoluzione dell’imputato per insufficienza di prove.  Ma Il giudice ha accolto la tesi della difesa che ha smontato il castello accusatorio inesistente, dimostrando l’estraneità alla vicenda dell’imputato, assolto con formula piena per non avere commesso il fatto.

 

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