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“Ora scateno la belva” e la mediatrice finanziaria fa pestare un cliente nel suo studio

Italia

“Ora scateno la belva” e la mediatrice finanziaria fa pestare un cliente nel suo studio

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La vittima non ha mai denunciato le violenze subite da noti esponenti della ‘ndrangheta

 

MILANO – Una donna titolare di un’agenzia accusata di avvalersi del potere intimidatorio delle cosche di ‘ndrangheta presenti nel milanese per riscuotere i propri crediti. Nell’ambito dell’inchiesta Linfa che nei mesi scorsi ha portato all’arresto di 17 persone il Centro Operativo Dia di Milano, coordinato da quella Direzione Distrettuale Antimafia, ha eseguito questa mattina un’ordinanza di custodia cautelare in carcere e agli arresti domiciliari nei confronti di cinque persone per il reato di estorsione aggravata dal metodo mafioso. Con gli arresti eseguiti stamani dagli investigatori della Dia di Milano si è assistito a un “inquietante rovesciamento di ruoli” tra imprenditori e persone vicine alla ‘ndrangheta. Lo ha spiegato il pm Alessandra Cerreti illustrando l’operazione che ha portato in carcere la mediatrice finanziaria Paola Galliani di 49 anni, con studio a Legnano, nel milanese, ai domiciliari un suo collaboratore, Enrico Verità di 57 anni, e all’emissione di un ordine di custodia cautelare per altre tre persone già coinvolte in inchieste su traffico di stupefacenti. L’indagine ha ricostruito un pestaggio, accaduto all’interno dello studio professionale ai danni di un imprenditore che aveva affidato alla Galliani una complessa operazione di trasferimento di denaro estero su estero che prevedeva il rientro dei capitali in Italia. Poiché l’intermediatrice non riusciva a fare riscuotere la somma di 70mila euro l’imprenditore fu convocato nello studio dove fu pestato da tre persone vicine alla criminalità organizzata. Paola Galliani, parlando al telefono, prima di convocare i tre “castiga matti” aveva detto “Se entro stasera non riesco ad avere una cosa precisa scateno la belva”, in riferimento a uno dei tre. Si tratta di Giuseppe Morabito (la ‘belva’), Massimo Ferraro e Federico Ciliberto, riconducibili alle cosche Pesce e Bellocco di Rosarno, già condannati in primo grado nell’inchiesta Linfa. La vittima non ha mai denunciato l’aggressione subita alle forze dell’ordine.

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