Cultura & Spettacolo
Ricatto continuo
Il ricatto è sempre esistito ma è con l’apparire della società del benessere che esso fa il suo “salto di qualità”, trasformandosi da esplicito a subdolo, ed il suo “salto di quantità”, partendo da un ambito ristretto fino a diventare pervasivo, tanto da poter ritenere che nessun settore ne sia esente.
Negli ultimi decenni esso è andato insinuandosi in ogni tipo di relazione. Molto spesso riesce difficile coglierne la sua presenza nell’immediatezza e a correlarla direttamente come causa ed effetto tra due azioni. Il tipo di ricatto che ha acquisito negli ultimi decenni una sua precisa connotazione è quello che proviene dai dettami della moda, nel settore dell’abbigliamento, ma anche in tutti gli altri settori che riguardano gli articoli che utilizziamo, che poi altro non sono se non la diretta conseguenza degli interessi delle aziende produttrici di tali oggetti. Questo tipo di ricatto rappresenta uno dei primi segnali della comparsa del consumismo sulla scena del mercato dei beni.
Il meccanismo con cui quest’ultimo ci attira, ci circuisce e ci irretisce è quello di inculcarci il timore, qualora non dovessimo acquistare quel determinato prodotto, di restare esclusi da un certo ambito di prestigio, che inizialmente dovrebbe essere per pochi, ma che poi, essendo in tanti a cadere nella trappola (del resto l’interesse delle aziende è quello di avere una platea vasta di clienti), finisce per essere per molti, ma non per tutti. Questo allargamento della platea dei consumatori di quell’articolo comporta però due conseguenze.
Da un lato, si verifica la perdita da parte di quel prodotto del carattere di esclusività, con cui era stato propagandato, cosa che inizialmente ci aveva attratto e lusingato e, dall’altro lato, accade che il cliente eventualmente impossibilitato ad acquistarlo, venga relegato non tra i tanti che non possono permettersi quel prodotto, ma tra i pochi che non possono farlo, praticamente tra gli “sfigati”.
Per quanto riguarda la sfera affettiva, il ricatto assume delle caratteristiche che si trasformano spesso in una forma di stato di accusa, o almeno questa è la percezione che ce ne deriva, producendo in noi un senso di colpa. Ne abbiamo una dimostrazione con tutto ciò che riguarda i prodotti alimentari e di ogni altro genere dedicati ai neonati e ai bambini, o meglio alla loro crescita(!). In questi casi, ci viene trasmessa una sorte di terrore, che nasce dalla paura della riprovazione di chi ci circonda, e che va ad alimentare il nostro senso di colpa.
Non acquistando quel tipo di prodotto naturale, biologico, per nostro figlio, è come se dimostrassimo di non avere a cuore il suo benessere, e per questo di essere dei genitori degeneri (l’aggettivo “degenere” con il prefisso “de” privativo e il suffisso “genere”, che come suono si avvicina alla parola “genitore”, ben si presterebbe a sottolineare l’inadeguatezza del nostro ruolo di genitori, perché non meritevoli di esserlo, e a privarci della facoltà di accudire un figlio). In questo ambito, quello del ricatto affettivo- psicologico si pongono tutti i tipi di ricatto che provengono in maniera diretta o subdola dai figli, soprattutto quando questi incominciano a diventare grandi.
Nella scuola c’è invece il ricatto di noi genitori nei confronti degli insegnanti. Anche in questo caso, si passa da un ricatto velato o esplicito di far cambiare scuola ai nostri figli se l’insegnante non si dimostra più indulgente nei loro confronti, ad insulti e a minacce, che molte volte si trasformano in atti di violenza fisica vera e propria, come dimostrano anche recenti fatti di cronaca.
Infine, c’è il ricatto dei politici, che facendo uso di una specie di pubblicità comparativa, come quella utilizzata da aziende per pubblicizzare prodotti di marche diverse, ci chiedono di dare loro il nostro voto non tanto basando e motivando la loro richiesta sulla illustrazione di programmi seri ed attuabili, ma prospettandoci le sventure future che ci capiterebbero nel caso in cui dovessero vincere gli avversari. Anche di questo tipo di ricatto esempi ne abbiamo avuto tantissimi davanti agli occhi e soprattutto dentro le orecchie, in quest’ultima campagna elettorale.
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