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“Cloaca Maxima”, l’attività illecita del direttore dell’impianto e degli operai

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“Cloaca Maxima”, l’attività illecita del direttore dell’impianto e degli operai

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foto-giudice cozzolino

Il sostituto Procuratore della Repubblica di Cosenza Giuseppe Cozzolino

Ha effettuato poi un’analisi certosina dell’intera attività il magistrato, il sostituto procuratore Giuseppe Cozzolino, che ha seguito le varie fasi investigative effettuate dai militari dell’Arma forestale di Cosenza. «Sono emerse tre tipi di condotte ha subito spiegato Cozzolino -: la prima condotta posta in essere dagli indagati è consistita nel massiccio ricorso al bypass posto a monte di una sezione di trattamento dell’impianto: gli indagati sono intervenuti sul normale flusso dei  liquami e hanno fatto sì che questi ad un certo punto dell’iter depurativo sversassero in un canale che li conduceva direttamente nel fiume Crati senza essere sottoposti ad alcune fasi del trattamento depurativo. Chiaramente questo ha comportato che i liquami solo in parte depurati, che avevano subito solo la fase del trattamento depurativo di tipo meccanico o non biologico contenessero delle concentrazioni di valori  inquinanti superiori a quelli previsti dalla tabella allegata dal Dlg.vo in materia ambientale. Altra condotta è quella che consistita nell’utilizzo sempre di un bypass però posto non a metà dell’iter depurativo ma all’inizio dell’impianto. Questo ha comportato che i liquami appena entravano nell’impianto, senza subire alcuna fase del trattamento depurativo, neppure quella meccanica, venivano convogliati in un canale detto bypass generale che li conduceva direttamente nel fiume Crati. Chiaramente la portata inquinante di questa condotta è superiore rispetto alla prima condotta.  Terza condotta inquinante è consistita nello sversamento quotidiano di liquami che avevano subito tutto il trattamento depurativo  e nonostante ciò presentavano dei valori rispetto a determinate sostanze, in particolare l’azoto ammoniacale, non in linea con quelli previsti dalla legge per lo scarico in acque  superficiali. Nonostante i liquami avessero subito e sottoposti  a tutta la linea depurativa, venivano registrati comunque valori inquinanti illeciti e venivano sversati nel fiume Crati».

foto USCITA IMPIANTO 01Le conseguenze: «La compromissione e deterioramento delle acque del fiume Crati – ha continuato a spiegare il sostituto procuratore – che costituisce sostanzialmente l’evento del reato di inquinamento ambientale per cui stiamo procedendo. Le acque del fiume Crati hanno subito un alterazione sotto diversi profili: nella forma esteriore, le masse schiumose che galleggiano sulle  acque partendo dallo scarico dell’impianto e fino a scendere per un centinaio di metri. Alterazione della composizione  delle acque stesse, con l’alterazione delle analisi chimiche redatte dall’Arpacal,  che per alcuni valori hanno registrato dei fattori esorbitanti; sotto il profilo dei cattivi odori registrati nel corso delle indagini»

Attività d’indagine «Hanno consentito di fornirci e consegnarci  il quadro probatorio. In primo luogo le attività di videosorveglianza: all’esito di uno studio particolare  e approfondito di funzionamento dell’impianto  svolto dal personale del Nipaf di Cosenza  sono stati individuati alcuni obiettivi strategici all’interno dell’impianto: alcune strumentazioni particolari  su cui gli indagati operavano illecitamente. E qui sono state poste una serie di telecamere che ci hanno consentito di fotografare in tempo reale le condotte illecite poste in essere dagli indagati. La videosorveglianza era anche posta all’esterno dell’impianto cioè predisposta in prossimità dello scarico dell’impianto di depurazione. Ciò  ha consentito di fotografare sia le condotte in essere dagli indagati sia gli effetti che nell’immediatezza quelle condotte portavano nel fiume Crati».

mappa 3d impianto 01Escussione a sommarie informazioni di tutti gli abitanti della zona «Questa attività è stata importante per fugare ogni dubbio sulla derivazione di questa alterazione delle acque del fiume sotto il profilo della composizione e forma esteriore derivasse o meno dall’impianto e non da altri fattori – ha sottolineato il magistrato-. Ci hanno riferito chiaramente che queste alterazioni e deterioramento delle acque del fiume Crati si registravano soltanto in prossimità dello scarico dell’impianto e fino a scendere per un centinaio di metri. A monte dello scarico non c’erano questi fenomeni. Il dubbio è stato fugato anche attraverso le analisi effettuate da parte dell’Arpacal, che sono  state fatte non solo sul punto di immissione  del fiume Crati, del reflui provenienti dallo scarico , ma anche a monte dello scarico dove le acque non contenevano fattori inquinanti».

Intercettazioni tecniche «In  tempo reale ci hanno consentito di inquadrare manovre tecniche ma soprattutto ha fatto emergere un dato allarmante: gli indagati avevano un controllo pieno dell’impianto fino al punto tale da poterne determinare in ogni momento un assetto inquinante e non. In occasione di alcuni sopralluoghi  fatti dalla polizia giudiziaria, in concomitanza con attività tecniche – ha spiegato Cozzolino -, abbiamo registrato delle conversazioni importanti. Prima dell’accesso dei militari, gli indagati concordavano telefonicamente di ripristinare  il normale funzionamento della linea depurativa. I militari entravano e facevano il sopralluogo. All’esterno, grazie all’attività di videosorveglianza, non si registravano scarichi irregolari. Ultimato il controllo, telefonicamente gli indagati concordavano di ritornare all’assetto precedente inquinante e subito la videosorveglianza esterna registrava nuovamente gli scarichi irregolari registrati poco prima dell’accesso dei militari.

 

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