Cultura & Spettacolo
Ricerca di visibilità e voyerismo, due facce della stessa medaglia
Andare alla ricerca della visibilità, per molti di noi, è diventata una vera ossessione e, per alcuni, un fatto di vera e propria sopravvivenza (ad es. in politica).
Lo si può capire da molte cose, soprattutto sui social, come ad esempio dal voler aggiornare di continuo il proprio profilo, e dall’incessante bisogno di pubblicare qualsiasi cosa pur di ottenere dei “mi piace”. E’ come se ritenessimo che oggi la nostra esistenza e, purtroppo, anche la nostra morte (il suicidio in diretta, avvenuto pochi giorni fa, del criminale di guerra croato-bosniaco Slobodan Praljak, ne è un esempio) possa acquistare senso solo se abbiamo una certa visibilità e quindi una certa notorietà ed un certo seguito. Come è stato detto da qualcuno, il “cogito ergo sum” di Cartesio è stato soppiantato dal più moderno e più aderente alla realtà: “digito ergo sum”, che prevede il conteggio dei follower e dei “mi piace”.
Un tempo per essere noti e diventare famosi bisognava percorrere alcune strade obbligate, e molto strette ed impervie, come quella dello spettacolo (televisione, cinema, ma anche sport, ecc.). Oggi i social permettono di ottenere una notorietà a buon mercato, facilmente raggiungibile, il più delle volte senza possedere alcun talento. E la tentazione a cedere a questo richiamo è davvero forte ed è difficile resisterle. Anche la voglia di esprimere la propria singolarità, il proprio punto di vista è cambiata, essa è più diffusa di ieri e la si vuole manifestare rendendosi visibili al mondo. I sociologi e gli psicologi sostengono che questo bisogno derivi da una profonda insicurezza e dalla mancanza di fiducia verso noi stessi, e che il volere stare sul palco, sulla scena ed essere sempre protagonisti, nasconda un nostro profondo senso di solitudine e di insoddisfazione.
Ma, a prescindere da questo tipo di analisi, quello che trovo interessante è indagare quella che è l’altra modalità di usare i social. E’ una modalità opposta alla precedente, e che non prevede, almeno apparentemente, la ricerca del consenso. Vi sono persone che stanno tantissimo tempo su Twitter, ma twittano raramente, o su FB dove, a dispetto dei numerosi “ mi piace” che dispensano, non “postano” mai nulla. Esse rappresentano la parte voyeristica del rapporto che si instaura tra loro e gli esibizionisti, quelli cioè alla ricerca spasmodica del consenso. Sono in qualche modo l’altra faccia della stessa medaglia, sono coloro che vanno a costituire il pubblico che, sebbene improvvisato e raffazzonato, consente e giustifica l’esistenza dei primi. Sono quelle persone che partecipano, in qualità di osservatori, all’evento, cioè a quella che è la ricerca di visibilità da parte di qualcuno che mette in scena una componente esibizionistica che, comunque, a loro non risulta essere estranea. Esse, infatti, vengono attratte dall’ esibizionista ed entrano nella relazione come voyer, ma dopo aver soddisfatto il bisogno dell’altro di esibirsi, e dopo aver proiettato su di lui la loro vita, restano segretamente in attesa che si realizzi un loro momento di esibizionismo e quindi di visibilità, quella visibilità che la loro indole introversa e timida non gli consente, ma che in cuor loro desiderano.
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