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‘Ndrangheta, le intercettazioni delle conversazioni tra il boss e il politico lombardo
MILANO – ‘A maggio abbiamo le elezioni vedete se mi trovate un po’ di voti. Se no, non si fa più niente, dopo’.
Così, lo scorso 18 gennaio, l’allora consigliere comunale uscente di Mariano Comense in provincia di Como, Emilio Pizzinga, si rivolgeva a Salvatore Muscatello, il presunto boss della ‘ndrangheta nel Comasco, 80 anni, già condannato nel maxi-processo ‘Infinito’ e ieri tornato in carcere nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Milano sulla cosca Galati che avrebbe accertato presunte infiltrazioni anche in due sub-appalti nell’ambito dei lavori per la tangenziale esterna di Milano nevralgica per l’Expo’ 2015. Pizzinga, stando agli atti delle indagini, è uno dei soggetti che fa parte del “capitale sociale” delle cosche Galati-Muscatello. Nelle carte compaiono alcune “visite” del politico nella casa del presunto boss, che era all’epoca agli arresti domiciliari.
E anche una sua “convocazione”, il 30 agosto del 2013, al “cospetto dell’anziano capo locale”, nel corso della quale le cimici degli investigatori captano un saluto amichevole tra i due: “Buongiorno cumpà”, diceva il politico rivolgendosi a Muscatello. Il 18 gennaio scorso, poi, Pizzinga torna a casa di Muscatello. Le intercettazioni ambientali registrano l’allora consigliere comunale che dice: “Ora … a maggio abbiamo le elezioni … a maggio … vedete se mi trovate un po’ di voti di preferenza! … eh… se no, non si fa più niente, dopo! Se non siete al comune non potete da nessuna parte …”. Muscatello: “Un po’ li trovo …”. Pizzinga: “Eh penso che li trovate si”. Il 12 maggio Pizzinga torna ancora da Muscatello e chiede “espressamente – scrive il gip Alfonsa Ferraro – a Muscatello Salvatore di procurare voti per Anzani Marco, candidato alle elezioni comunali di Mariano Comense come consigliere nella lista di Forza Italia, nella quale è candidato sindaco Ballabio Andrea”. Alla fine della conversazione “viene fatto riferimento alla conoscenza tra il candidato Anzani e Muscatello Domenico”.
MA c’è di più. “Fate questi c…. di scontrini”. E’ il suggerimento che il presunto boss della ‘ndrangheta in Lombardia Antonio Galati, finito in carcere ieri nell’inchiesta della Dda di Milano, avrebbe dato ai gestori di una panetteria, suoi parenti, dopo la ‘soffiata’ su possibili controlli ricevuta da un funzionario dell’Agenzia delle Entrate. Secondo gli atti delle indagini, infatti, Giuseppe Baldassarro, funzionario dell’Agenzia delle Entrate di Cantù (Como), sarebbe stato uno dei soggetti della cosiddetta ‘zona grigia’ a disposizione della cosca. In una telefonata intercettata Antonio Galati racconta a un agente di polizia penitenziaria, anche lui nel “capitale sociale” della mafia calabrese, di essere stato avvisato dal funzionario che in quella panetteria “vendono il pane e non fanno gli scontrini”. Allora il presunto boss ha spiegato di essere andato al panificio: “Sono andato là, lo chiama la mamma là, la suocera di Nato (Galati Fortunato classe 1978, ndr) e gli ho detto ‘vedi che … così così e così’ … quella si è messa ad abbracciarmi a ringraziarmi …. io non voglio essere ringraziato, ‘sono venuto qua a dirtelo … fate questi cazzi di scontrini…'”.
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