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Cocaina dal Sud America grazie alla società di gestione della banchina merci

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Cocaina dal Sud America grazie alla società di gestione della banchina merci

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GIOIA TAURO – La coca per ‘ndrangheta, camorra e mafia importata a Gioia Tauro con il consenso dei portuali.

Seconda ondata di arresti dopo il sequestro di 4 tonnellate di cocaina (valore commerciale circa 600 milioni di  eruo) rinvenute tra i container dello scalo merci calabrese. A far scattare le manette all’alba di stamane sono stati i finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria. Delle diciotto persone presunte appartenenti ad una delle consorterie criminali dedica al traffico internazionale di sostanze stupefacenti tre risultano in stato di latitanza, mentre tredici erano già state sottoposte a stato di fermo dopo il sequestro del 24 luglio. Tra loro figurano sei dipendenti ed ex dipendenti della società che gestisce lo scarico merci sui moli del porto e il rappresentante legale di un’azienda di trasporti. L’operazione, chiamata Puerto Liberado 2, ha portato all’identificazione di colui che viene ritenuta la ‘mente’ del commercio con i narcos sudamericani. Si tatta di Giuseppe Brandimante rintracciato mentre viaggiava a bordo di un’auto blindata per scongiurare eventuali agguati. L’uomo infatti ne dicembre 2011 rimase ferito a seguito di un attentato compiuto ai suoi danni mentre era alla guida della propria vettura.

 

Brandimante titolare, insieme al fratello Alfonso, della Società di servizi Fratelli Brandimante, è un’ex dipendente del porto di Gioia Tauro che sinora ha potuto contare sulla collaborazione dei suoi storici colleghi di lavoro. Anche il fratello era un impegato del porto prima di lanciarsi nel mondo del narcotraffico ed avrebbe preso le redini della gestione del business d’oltreoceano dopo l’arresto di Giuseppe. All’interno della sua villa, posta sotto sequestro stamattina, i finanzieri hanno trovato un piccolo bunker utilizzato, verosimilmente, per sottrarsi ai controlli delle forze dell’ordine. Gli affari dei fratelli Brandimante secondo le accuse sarebbero stati resi possibili dalla collaborazione del ‘Merlo’, Vincenzo Trimarchi, 45enne dirigente della Mct, società di gestione della banchina merci arrestato nel 2011 mentre si allontanava dal porto con 560 chili di cocaina purissima caricati su un furgone. 

 

L’organizzazione criminale potrebbe aver utilizzato diverse aziende, riconducibili agli indagati, per riciclare gli ingenti proventi della vendita dello stupefacente. Sono infatti state poste sotto sequestro dieci imprese operanti nel settore dei trasporti, materiale edili, prodotti medicali, sale giochi, agricoltura e allevamento, rapporti bancari, postali ed assicurativi. I sigilli sono stati apposti oggi inoltre a 33 terreni 25 fabbricati, 14 auto e 3 ville di pregio tra cui spicca quella di Antonio Femia con piscina rifinita con statue in pietra, per un valore complessivo di circa 10 milioni di euro. Tra gli arrestati risultano esservi anche il 51enne Giuseppe Galluccio, Carlo Moretti 49 anni, Francesco Nirta 27 e Antonio Giovanni Staiti 50 anni. La consorteria dedita al narcotraffico pare si fose dotata di un complesso codice alfanumerico per consentire ai portuali di individuare la nave ed il container con la coca da scaricare. Un servizio che la cosche importatrici pagavano al gruppo di Bradimante e Trimarchi consegnando loro parte del carcico che variava dal 10 al 30% in relazione al peso criminale della ‘ndrina.

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