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Gratteri alla Giustizia: mistero tutto italiano
Si continua a tingere di giallo la mancata nomina del magistrato calabrese simbolo della lotta alla ndrangheta, Nicola Gratteri a ministro della Giustizia.
Contattato da Renzi, era Ministro fino a qualche ora prima che l’attuale presidente del consiglio varcasse la porta del Quirinale. Poi, tutto è tramontato lasciando grossi punti interrogativi, ancora tutti da chiarire, e molte domande a cui dare opportune risposte. Lui, Uomo delle istituzioni, non politico, ha sempre cercato la mediazione senza, per questo “schivare” l’argomento. In un’intervista di qualche ora fa a Maurizio Tortorella di Panorama, a Reggio è in corso l’iniziativa “Panorama Italia”, Gratteri dopo aver ribadito di essere stato ministro fino alle 16.15 di quel giorno, prosegue: “Poi non so cos’è successo, lo sapete forse meglio voi”. Ed ancora: “Se Renzi mi ha proposto di fare il ministro è perché sapeva cosa avevo in mente di fare e a quale rischio andava incontro. Avevo un programma che non era segreto, si trattava di cambiare le regole d’ingaggio, di smontare ciò che non funziona”. Già le regole d’ingaggio: “Se avessi fatto il Ministro avrei cambiato le regole d’ingaggio, che non funzionano più”. Resta allora una domanda piuttosto allarmante: oltre all’antiStato a quali pezzi dello Stato avrebbe dato fastidio Gratteri? Purtroppo la storia si ripete: anche a Falcone l’antiStato dello Stato aveva giocato lo stesso brutto tiro.
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