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Paghi la spazzatura? I soldi li intasca Sogefil per pagare la parrucchiera
CASTROLIBERO – Cittadini truffati e casse comunali svuotate.
La consorteria criminale dei fratelli Lo Po e Trovato, promettendo posti di lavoro sarebbe riuscita a sottrarre dalle tasche dei contribuenti ben 15 milioni di euro. Una cifra arrotondata per difetto di cui attualmente, a parte pochi spiccioli, non è stato recuperato nulla. Sembrerebbe infatti non esservi alcuna traccia del bottino faraonico volatilizzatosi grazie alla creatività contabile dei vertici Sogefil. L’azienda cui dirigenti sono stati posti in regime di custodia cautelare, i Lo Po in carcere e i Trovato ai domiciliari, si occupava di riscuotere per Comuni ed enti pubblici i tributi, ma intascate le tasse dei contribuenti, il denaro veniva fatto migrare su carte Postepay e speso per viaggi di lusso, giocattoli ed istituti di bellezza. E mentre i cittadini pagavano inconsapevolmente la messa in piega alla 33enne Giovanna Trovato e alla cognata Maria Grazia Lo Po ai Comuni non rientrava neanche un centesimo. Una situazione che ha causato in alcuni municipi ed enti pubblici gravi problemi di liquidità. La morte di Pandosia ne è un esempio. L’unione tra Castrolibero, Marano Marchesato e Marano Principato creata soprattutto per ottimizzare i costi relativi alla gestione dei rifiuti è stata sciolta proprio a causa della truffa messa in piedi dalla ‘cosca’ Lo Po – Trovato. L’Unione dei Comuni Pandosia dal 2006 aveva affidato alla Sogefil la riscossione della Tarsu, ma come si legge nella prima querela depositata ai danni della società rendese dal legale dei tre Comuni, nel 2010 emersero diverse irregolarità legate all’incasso “di ingenti somme di denaro pubblico già riscosse dalla predetta società per conto dell’Unione e mai riversateci”. Nell’esposto si parla anche della indisponibilità da parte della Sogefil a fornire chiarimenti. Bisognerà aspettare mesi per giungere ad un accordo per il saldo del debito. Un accordo in realtà basato su una fidejussione fasulla. Il totale accumulato negli anni arriverà ad una cifra pari a 419mila euro. Sogefil pagherà solo la prima rata: 20.950. Poi la Finanza apporrà i sigilli alla Fidimpresa di Roma che aveva stipulato la pratica fidejussoria l’inchiesta passerà alle fiamme gialle capitoline. Dei soldi della Tarsu, però neanche l’ombra. Anzi. Da Castrolibero a Marano i cittadini continuavano a pagare, sino al Marzo 2013, la tassa sui rifiuti a Sogefil ignari del fatto che non esistesse ormai alcun tipo di contratto con la società diffidata da Pandosia. Sogefil intanto incassava, tacendo. Mentre i contribuenti a loro insaputa pagavano viaggi e giochi alla consorteria Trovato – Lo Po. Le casse dei Comuni si prosciugavano lentamente. Solo le segnalazioni degli utenti furiosi che dopo aver pagato i bollettini si vedevano recapitare ancora solleciti di pagamento sono riuscite a portare alla luce la truffa. Eppure sia Castrolibero, sia Marano Marchesato, sia Marano Principato conoscevano bene i meccanismi truffaldini messi in piedi da Sogefil per appropriarsi del denaro della pubblica amministrazione. Perché non avvisare la cittadinanza? Perché non mettere dei manifesti ricordando di non versare la Tarsu ai Lo Po, ma direttamente al Comune? A rispondere è l’avvocato difensore del Comune di Castrolibero Gianpiero Calabrese: “Non era obbligatorio e neanche utile. Cosa dovevamo fare dire a tutti che ci stavano rubando i soldi delle tasse?”. Gli inquirenti intanto si stanno focalizzando sull’individuazione di conti correnti all’estero, tra l’Inghilterra e il Sudamerica, che potrebbero contenere i proventi delle ruberie di Sogefil. I soldi trafugati dalle tasche dei cittadini, in ogni caso, come spiega la Guardia di Finanza e conferma lo stesso avvocato Calabrese, potrebbero essere molti di più. Non esiste alcuna rendicontazione che contabilizzi i versamenti in contanti fatti dai cittadini per pagare i bollettini. Nessun documento. Nessuna tracciabilità. E il sospetto che le somme svanite nel nulla possano essere molto, ma molto superiori a quelle inizialmente quantificate dagli inquirenti. Infine un’ombra oscura che potrebbe provare una preoccupante collusione con la politica locale: le schede elettorali vidimate, ma non votate trovate durante la perquisizione nell’abitazione in uso ai Lo Po. Schede originali, che riproducevano fedelmente quelle relative alle ultime competizioni elettorali tenutesi in Calabria. Sul come e perché fossero fuori dalle urne e nei cassetti dei ‘truffatori comunali’, al momento, non è dato sapere.
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