COSENZA – Negli ultimi giorni è grande l’apprensione per le condizioni di salute di Padre Fedele Bisceglia, ricoverato all’Inrca di Cosenza, che non sarebbero delle migliori. Da più parti arrivano messaggi di vicinanza al ‘monaco’ che continua a lottare. E dai social viene lanciato un appello per la richiesta di revoca della sospensione a divinis che ancora impedisce a Padre Fedele, gravemente malato, di esercitare il suo ministero. Un appello ai vertici della Chiesa per una scelta di carità e giustizia.
“Che gli sia restituita la facoltà di celebrare i sacramenti”
È questo l’accorato appello lanciato da un gruppo di firmatari – tra cui Domenico Bilotti, Claudio Dionesalvi, Loredana Caruso e Sergio Crocco – alla luce di una tormentata vicenda giudiziaria che si è conclusa con una piena assoluzione, sancita dalla Corte d’Appello con la formula più limpida: “il fatto non sussiste”. L’istanza è rivolta alla Giunta dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini e il Dicastero per il Clero, con p.c. al Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti e al Dicastero per i Vescovi. L’obiettivo è restituire a Padre Fedele, oggi anziano e gravemente provato nel fisico, la possibilità di esercitare il proprio ministero, in particolare la celebrazione dei sacramenti, da cui è interdetto da anni senza che vi sia stato alcun procedimento canonico ufficiale a suo carico.
L’appello mette in luce come, nonostante la sua storia giudiziaria si sia chiusa nel 2015 con una definitiva assoluzione, la sanzione ecclesiastica della sospensione a divinis sia rimasta in vigore, per ipotesi di infrazioni che già allora apparivano superabili. È un provvedimento che, pur non comportando la dimissione dallo stato clericale, continua a privare Padre Fedele di ciò che per lui ha rappresentato vocazione, impegno e senso della vita: l’esercizio del sacerdozio.
Un documento rispettoso e fermo, rivolto non alla dimensione astratta del diritto ma a quella concreta della carità evangelica e della giustizia sostanziale. Una giustizia che si fonda, come ricordano le citazioni dei pontefici Francesco, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, sulla misericordia come via di pace, sulla verità che edifica e sul valore intrinseco di ogni persona, anche quando è malata, sola o inascoltata.
“In un tempo in cui la Chiesa si fa voce dei dimenticati e abbraccio degli ultimi, non può – sostengono i firmatari – restare indifferente di fronte a chi, pur riabilitato dalla giustizia civile, resta escluso dalla possibilità di compiere il proprio servizio sacerdotale per motivi ormai superati. Una richiesta che non pretende vendette né scorciatoie, ma che invoca una decisione ispirata a misericordia, discernimento e umanità”.
Chiunque voglia sostenere l’appello può firmare nei commenti al post da cui l’iniziativa è partita. Una mobilitazione spirituale e civile, che guarda alla possibilità di una riconciliazione profonda, non solo con le istituzioni ma con la vocazione più autentica del messaggio cristiano.

