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Sogefil: aperta la caccia al denaro trafugato, indagini all’estero
COSENZA – In cambio del silenzio offrivano posti di lavoro, poi svuotavano le casse comunali.
Ancora nessuna traccia dei quindici milioni di euro di cui la consorteria criminale messa in atto dalle famiglie Lo Po e Trovato si sarebbe appropriata intascando i tributi versati dai contribuenti a favore dei Comuni. L’operazione Redde Rationem ha portato alla confisca di alcuni beni nelle disponibilità dei quattro amministratori della Sogefil arrestati per associazione a delinquere e peculato. Nel corso delle perquisizioni sono stati infatti requisiti appartamenti, ville, box e terreni. Briciole rispetto all’ammanco causato dal mancato versamento dei tributi riscossi per conto dei Comuni. Una cifra che, per avere nozione delle dimensioni della frode, può essere paragonata all’intero ammontare dell’Imu corrisposta in Calabria da tutte e cinque le province messe insieme. I soldi sottratti agli 80 Comuni coinvolti (tra cui spiccano Morano, Casole Bruzio, Cariati, Amantea, Zumpano, San Lucido, Falconara Albanese, Grimaldi, Lago, Pietrapaola, Belvedere, Paola, Malito, Carolei, Castrolibero, Marano Marchesato e Marano Principato) potrebbero essere finiti all’estero. O spariti nel nulla. Non sarebbe la prima volta. Basta ricordare l’inchiesta ‘Eolo’ sulle mazzette per la realizzazione di un parco eolico ad Isola Capo Rizzuto che vede coinvolti politici di spicco del panorama calabrese come il parlamentare Misiti e il democrat Nicola Adamo nonché lo stesso Mario Lo Po, l’imprenditore Giancarlo D’Agni e l’ex dirigente del Cosenza Calcio Nucaro anch’essi indagati nell’operazione con al centro la pericolosa società rendese. Solo pochi mesi fa, a Febbraio, la Finanza aveva provveduto a dare un duro colpo al business fatto di mazzette, politica, consulenze fittizie e denaro pubblico mettendo i sigilli a un milione e settocentomila euro di beni intestati ai ‘notabili’ di cui sopra e alla stessa Sogefil. L’azienda, su cui si sono accesi i riflettori della Finanza proprio a partire dalle scandalose scoperte emerse nel corso del processo ‘Eolo’, fatturava consulenze fittizie a D’Agni, braccio destro di Adamo, girando così la famigerata mazzetta da ottocentomila euro per modificare le leggi regionali a favore degli imprenditori prescelti per l’appalto del parco eolico da 120 milioni. La tangente iniziale però pare ammontasse a due milioni e quattrocentomila euro. Ai finanzieri del Nucleo speciale di polizia valutaria, è stato affidato il compito di trovare il denaro. Soprattutto fuori dai confini nazionali.
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