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Due arresti a Cosenza, anche una persona appartenente alle forze dell’ordine (I NOMI)

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Due arresti a Cosenza, anche una persona appartenente alle forze dell’ordine (I NOMI)

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Conferenza stampa cosenza bombarideri

I carabinieri hanno eseguito questa mattina un provvedimento cautelare nei confronti di due persone tra le quali un appartenente alle Forze dell’Ordine.

 

COSENZA – Nella mattinata è stata data esecuzione ad un provvedimento cautelare degli arresti domiciliari, emesso dal G.I.P. Distrettuale di Catanzaro, nei confronti di due soggetti, tra cui un uomo appartenente alle Forze di Polizia, ritenuti responsabili di “concorso esterno in associazione mafiosa”. Il provvedimento cautelare rientra in una più ampia attività investigativa – condotta dal Procuratore Aggiunto  Vincenzo Luberto e dal Sostituto Procuratore Pierpaolo Bruni e coordinate dal Procuratore della Repubblica di Catanzaro Giovanni Bombardieri – congiuntamente svolta dalla Squadra Mobile della Questura di Cosenza e dal Reparto Operativo del Comando Provinciale Carabinieri di Cosenza e che ha permesso di disarticolare un contesto di criminalità organizzata egemone in Cosenza e nel suo hinterland tanto che già lo scorso 6 aprile 2016 ben 33 soggetti sono stati condannati – in rito abbreviato – ad un ergastolo e a pene per 271 anni di reclusione. Proprio in tale ambito sono stati acquisiti rapporti collusivi tra appartenenti alle Forze dell’Ordine e soggetti appartenenti al clan Rango – Zingari. 

Conferenza stampa  bombarideri cosenza zingari

I NOMI DELLE PERSONE COINVOLTE

Sono Vincenzo Ciciarello, di 60 anni, ex agente della Squadra mobile di Cosenza, attualmente in servizio nella Prefettura, e Enrico Francesco Costabile, di 49 anni, le due persone arrestate e poste ai domiciliari a Cosenza perché accusate di concorso esterno in associazione mafiosa. Quest’ultimo venne definito il ‘re del falso’ nel corso dell’operazione Coccodrillo che portò al sequestro di sei depositi e migliaia di capi di abbigliamento taroccati provenienti soprattutto dalla Campania. Un ex carabiniere e un poliziotto dunque, sarebbero stati i confidenti della cosca Rango-Zingari di Cosenza, che avrebbero passato al boss, Maurizio Rango, ogni tipo di informazione utile: aiuti in caso di controlli, “soffiate” su possibili operazioni. Il procuratore capo facente funzioni della Procura della Repubblica di Catanzaro, Giovanni Bombardieri li ha definiti “Mele marce”, “talpe” attive tra le forze dell’ordine.

 

enrico francesco costabile

Enrico Francesco Costabile

 

Con loro risultano indagati Antonino Perticari, 56 anni, ex carabiniere in servizio alla stazione di Cosenza nord all’epoca dei fatti ed ora in pensione, e Fabrizio Bertelli, 45 anni, dipendente civile in servizio alla Polizia stradale di Cosenza. Sarebbero stati loro a fare arrivare, secondo i rispettivi ruoli, le informazioni utili alla potente cosca del cosentino. Per tutti e quattro la contestazione e’ di concorso esterno in associazione mafiosa, ma per l’ex carabiniere e per il dipendente civile della Stradale, il gip ha ritenuto di non dovere applicare alcuna misura restrittiva. Fondamentali ai fini della ricostruzione dei ruoli anche il racconto di quattro collaboratori di giustizia, due dei quali hanno potuto riferire, secondo gli inquirenti, episodi vissuti direttamente.

La cosca Rango sapeva in anticipo di blitz e perquisizioni

Le indagini hanno appurato che il clan Rango di Cosenza, era in grado di sapere in anticipo l’arrivo di controlli e perquisizioni, ma anche il posizionamento di microspie e qualunque altro provvedimento delle forze dell’ordine, compresi controlli, anche grazie a violazioni del sistema informativo interno alle forze dell’ordine. Anche l’ultima operazione portata a termine a novembre 2014 contro il clan avrebbe evidenziato una “soffiata” ad alcuni componenti, al punto che al momento dell’arresto non furono rintracciati nelle rispettive abitazioni.

Il procuratore Bombardieri, dal canto suo, ha più’ volte ribadito “la piena fiducia della Procura e della Dda nei confronti delle istituzioni e dei corpi di appartenenza dei due personaggi coinvolti, al punto – ha aggiunto – che sono stati carabinieri e polizia a condurre le indagini nei confronti dei loro stessi appartenenti”. Una fiducia, ha sottolineato, nutrita anche “nei confronti dei vertici dei due corpi che hanno ottenuto sempre risultati importanti con le loro operazioni”. Appena sono emersi i rapporti di collusione, ha puntualizzato il procuratore, sia il poliziotto che il carabiniere “sono stati neutralizzati con trasferimenti in ruoli dove non potevano piu’ nuocere”. Il messaggio, rispetto alle “mele marce”, e’ stato chiaro: “La Procura e’ determinata a perseguire – ha dichiarato Bombardieri – qualsiasi condotta di collusione o anche di possibili legami”. Una presa di posizione molto dura, da parte della Dda, che ha affermato come i due esponenti delle forze dell’ordine coinvolti “non fossero meritevoli di indossare la divisa”.

Il clan grazie alla collaborazione delle ‘talpe’ è riuscito a dribblare indagini ed arresti. Con le indiscrezioni rivelate dagli indagati appartenenti alle forze dell’ordine sarebbero infatti state scoperte anche le microspie che gli investigatori avevano piazzato davanti alle case e nelle auto degli affiliati. La fuga di notizie, inoltre, ha consentito a tre esponenti della cosca di sfuggire agli arresti il 27 novembre 2014. In cambio militare e agente avrebbero ottenuto favori e in alcuni casi anche somme di denaro. Nell’indagine hanno avuto un ruolo importante le dichiarazioni di quattro collaboratori di giustizia che erano a conoscenza dell’attività svolta dagli arrestati di oggi. Bombardieri ha tenuto a sottolineare come “la Dda di Catanzaro ha piena fiducia nei carabinieri e nella polizia, che hanno denunciato e perseguito i comportamenti illeciti di alcuni loro rappresentanti che hanno infangato le divise”.

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