Segnala una notizia

Hai assistito a un fatto rilevante?
Inviaci il tuo contributo.

Richiedi info
Contattaci

I sindacati: cattedrali dove chiedere … miracoli

Archivio Storico News

I sindacati: cattedrali dove chiedere … miracoli

Pubblicato

il

COSENZA – Figli di un Dio minore. Sono i cittadini calabresi, sempre più alle prese con il disinteresse di un governo nazionale,

tuttora inesistente che, non ha fatto e non fa nulla per il Meridione e con una coalizione regionale che si disinteressa delle emergenze dei propri governati, cercando riparo tra rimborsi faraonici, relax al ritmo di lap dance e alla ricerca di una strizzata d’occhio della dea bendata, con un “Gratta e vinci”. Il resto è solo cronaca, con le poche aziende che chiudono, una situazione economica sempre più preoccupante e una sistema occupazionale in costante implosione. La cronaca racconta di drammi, di suicidi che si susseguono, di promesse politiche non mantenute e di quella politica marcia, che da nord a sud, calpesta le intelligente, offende la dignità e costringe le nuove generazioni a “crepare” di precarietà. Di questa situazione ne beneficiano la politica, ovviamente quella sporca, e la ‘ndrangheta, le uniche due realtà, capaci di far cassa, in questo dramma. Con la collega Katia Grosso, abbiamo fatto un veloce giro tra le principali segreterie centrali delle organizzazioni sindacali, sempre più autentici “luoghi” di culto e di “pellegrinaggio” da parte di chi chiede un miracolo, non più rivolgendo uan preghiera a Dio, ma ai leader sindacali, nella speranza che, attraverso loro riescano ad ottenere un aiuto. La fila nelle cattedrali del “malessere” economico ed occupazionale, è lunga. Abbastanza. Tanto da, in alcune ore della giornata, arrivare perfino a bloccare il traffico. In fila ci sono diverse fasce d’età e ogni differente condizione sociale: dal laureato, con in tasca un prezioso 110 e lode, che cerca di inserirsi nel mercato del lavoro, che non c’è, al 55enne, disoccupato da mesi, cassintegrato a cui, senza tanti preamboli il suo vecchio datore di lavoro ha dato il benservito, facendogli recapitare direttamente a casa, una lettera con uan fredda motivazione di licenziamento. Oppure la mamma di tre figli, ex dipendente di una ditta che, s’è ritrovata per strada, senza stipendio, senza Tfr e senza un euro per sfamare la sua famiglia. Verrebbe da pensare ma che Stato è, quello che “pesta” la dignità delle persone? Che Stato è quello che impone “nelle” scuole di impartire agli alunni la conoscenza della Costituzione, se poi, questo stesso Stato, disconosce e rinnega il principio fondamentale del primo punto cardianale della stessa Costituzione? Via Caloprese, quartier generale della sede della Cisl, è l’epicentro del disagio. Un disagio che si tocca con mano, che si sente nell’aria, che ti travolge come un vento. Stefania di anni ne ha 33. Ha un figlio in braccio, troppo piccolo per capire cos’è la sofferenza. “Lotto per lui e per la mia dignità e il suo futuro. Sto spedendo curriculum dappertutto, ma la risposta che ricevo è: bene, profilo interessante, le faremo sapere. ormai me lo sento ripetere come un rosario, ad ogni incontro di lavoro”. La 33enne, ci racconta che “fino a qualche anno fa ero una persona felice, non ricchissima, ma benestante. lavoravo in una ditta che aveva tante commesse. Poi la crisi, il crollo dei consumi, hanno imposto i tagli. Siamo state licenziate in sette, su venti. ma l’aspetto più drammatico è che siamo state selezionate a sorte. Siamo diventate dei numeri, messi nell’urna ed estratti. Il giorno del mio licenziamento ho scoperto che ero la numero 17. Poi dici che uno non deve credere alla sfortuna”. Il piccolo Mattia, nel frattempo, gioca nel suo passeggino. Ha in mano Spiderman. Con l’ingenuità e l’innocenza tipica dei bambini, ci dice che quel suo supereroe protegge lui e la mamma dai cattivi. Magari fosse vero. Eleonora, ascolta a distanza e singhiozza. “Anche io ho dei figli, ho ricevuto la lettera di sfratto, la banca non mi fa più credito e, fra poco, non me lo farà nemmeno più il salumiere sotto casa. Mio marito, con altri due figli, è andato a Verona da un suo cugino. Speriamo bene”. Già speriamo bene. Da via Caloprese a piazza della Vittoria è una bella passeggiata. Anche sotto il quartiere generale della Cgil c’è fila. Uomini, donne, ragazzi, stretti su un marciapiede in attesa di risposte. “Qui – dicono in coro – per fortuna c’è ancora umanità. Il sindacato si sta interessando a noi, ci sta assicurando anche l’assistenza legale. Ma non basta”. No, non basta. Lo strillo delle sirene cattura la nostra attenzione. Io e la collega Grosso, drizziamo le antenne, per captare l’esatta provenienza del segnale. Il radar ci porta fino a via Fiume, zona ospedale dell’Annunziata. L’epicentro del disagio, tenuto a freno dalle poche guardie giurate e dalle forze dell’ordine, giunte in soccorso, è l’ufficio che roga le esenzioni per reddito. la fila è enorme. Anche questo, se ce ne fosse bisogno, è l’ennesimo simbolo della povertà. Dilagante e preoccuoante. Saranno in 50, ma il numero è destinato a salire, fino a duplicarsi o ancora di più. Notiamo che tutte le persone in fila, oltre ad essere accomunate dalla condivisione di un disagio reale, hanno tutti il giornale sotto il braccio. le pagine sono aperte e spalancate sulla questione dello scandalo della Regione Calabria. Si cercano nuovi dettagli, si cercano nuovi particolari, si cercano i nomi di questi “barbari”. Ovviamente non compaiono. Che vergogna.

Pubblicità
Pubblicità .

Categorie

Social

quicosenza

GRATIS
VISUALIZZA