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Cade e si frattura il gomito: nessun medico se ne accorge
COSENZA – Questione di punti di vista. Medica. Sembra quasi che l’ospedale dell’Annunziata di Cosenza e i suoi medici,
proprio non riescano a stare fuori dai guai. in questa nuovo caso, al vaglio della magistratura cittadina, non c’è una morte sospetta, nè una terapia farmacologica sbagliata, ma solo, si fa per dire, l’esito di un consulto medico. A portare alla luce questa storia, ricca di colpi di scena, come nel più classico dei romanzi avvincenti, è Anna, 46enne residente in un centro della Valle del Savuto. La donna, mentre stava passeggiando per le vie del centro, è scivolata, finendo a terra e sbattendo violentemente il palmo della mano destra. Seppur dolorante e ferita, la 46enne s’è rialzata e ha ripreso a camminare, dirigendosi verso casa. Una volta arrivata a destinazione, dopo aver applicato una pomata sulla mano dolorante, ha iniziato a fare i servizi. Ma, con il passare dei minuti, quel dolore è diventato lancinante ed insopportabile. Non riuscendo più a resistere e interessata a scoprire cosa le avesse procurato quella caduta, la 46enne ha chiesto a suo marito di accompagnarla in ospedale. Arrivata al pronto soccorso dell’Annunziata, dopo una fila estenuante in sala d’attesa per effettuare la scheda d’ingresso e nel corridoi affollatissimo dell’area medica e chirurgica per essere visitata, Anna viene presa in consegna da un medico che, dopo averle visitato la mano, le suggerisce un rx al polso della mano dolorante. Anna, raccoglie la sua scheda e si dirige alla sala raggi. Qui nuova attesa. Arriva il suo turno e Anna, sempre più dolorante e pallida in viso, viene sottoposta agli rx. L’esito dell’esame è negativo. Anna, lascia la sala raggi, ritorna al pronto soccorso, riattende di parlare con il medico e aspetta una diagnosi, con annessa prescrizione medica e terapia farmacologica. Il medico, legge i raggi, riguarda la mano della paziente e consiglia alla signora di ritornare a casa. E’ solo un colpo. Passerà. Il dolore, intanto aumenta, fino a diventare insopportabile. Non solo. La paziente avverte dolore non solo alla mano, ma anche al braccio. Fino a non poterlo muovere. Dopo una notte insonne e una mattinata in lacrime, la 46enne va da un fisiatra che le prescrive un’esame ecografico. La diagnosi è inaspettata, quanto allarmante: frattura del capitello radiale, con interessamento della superficie articolare. In parole povere: il bracci è quasi inutilizzabile, la mano inservibile. Ricevuta la diagnosi, pagato il ticket, saldato il consulto specialistico, Anna, con in mano le lastre degli rx, il disco dell’ecografia e la diagnosi, si reca dai carabinieri per presentare denuncia. Nel suo atto d’accusa contro i camici bianchi, c’è che i medici che quel giorno l’hanno visitata si sarebbero solo ed esclusivamente limitati ad un controllo superficiale, controllando il polso e senza accertare la presenza di eventuali lesioni alle articolazioni. Ma nella denuncia contro l’Annunziata si legge anche altro. Ed è questo l’altro grande motivo di nervosismo di Anna: la donna, infatti, non è stata visitata da un ortopedico ma da un oncologo. Tra ossa e tumori c’è una bella differenza. E che differenza.
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