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Omicidio Guzzo. Smentito il collaboratore di giustizia Curato
COSENZA – Timpone Rosso. Continuano le arringhe difensive nel processo che vede alla sbarra diversi presunti esponenti del ‘clan dei nomadi’ di Cassano.
In aula è stata discussa oggi la posizione di Antonio Abbruzzese sul quale pesa la richiesta d’ergastolo inoltrata dal pm. Il legale di Abbruzzese ha oggi portato all’attenzione della Corte importanti elementi che potrebbero far ripensare alla posizione dell’imputato nell’ipotetico coinvolgimento nell’omicidio di Gaetano Guzzo. Trucidato a colpi d’arma da fuoco mentre era intento a giocare a carte al bar di piazza Capolanza, l’uomo sarebbe secondo la ricostruzione dei collaboratori di giustizia Pasquale Perciaccante e Curato freddato da Antonio Abbruzzese sceso da una motocicletta con una calibro 38 in mano. Una tesi che non regge secondo i dati portati alla luce dal legale difensore di Abbruzzese il quale sostiene che “Perciaccante quando parla dell’omicidio non sa neanche descrivere fisicamente l’autore dell’atto mentre Curato dice che a confessargli l’identità dei killer fu Bevilacqua”. Ci si appella alla logica. “Perche Mario Bevilacqua – chiede l’avvocato Badolato – avrebbe dovuto raccontare a Curato i retroscena dell’evento criminoso? Non facevano parte dello stesso gruppo. Non erano neanche amici. Nel suo racconto Curato dice che dopo il pestaggio ai danni del Guzzo avvenuto prima della sua morte perchè non voleva pagare l’entrata al night quando apprese della morte dell’uomo fu rassicurato da Bevilacqua che gli disse che ad averlo ucciso era stato suo cugino. Ma Antonio Abbruzzese e Mario Bevilacqua non sono cugini!”. E l’anagrafe non può mentire.
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