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Il treno non parte: giornata di proteste a Vaglio Lise

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Il treno non parte: giornata di proteste a Vaglio Lise

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COSENZA – La protesta “sfreccia” sul binario … morto. Per tanti passeggeri, abituali pendolari della tratta Cosenza-Paola, quella di oggi sarà una giornata,

l’ennesima, di ritardi e disagi, difficile da dimenticare. Tutto è legato a due treni soppressi: il treno Cosenza-Paola delle 7:50, legato a motivi inerenti un guasto in galleria da parte di un locomotore e quello che alle 8:26 avrebbero dovuto prendere, a Paola, la Freccia Argento diretta a Roma. Se poi ai tempi d’attesa passato ad aspettare l’arrivo del treno, alla speranza che la voce dell’altoparlante “annunciasse” con il classico suono della campanella, che il convoglio era in transito e allo sguardo nervoso delle lancette dell’orologio, si aggiunge anche la pioggia e la necesità di essere a Paola, nel tempo utile per “prendere” la coincidenza per altre destinazioni, tutto diventa molto più amplificato. Questo ha determinato, l’esplosione di una protesta, vibrata e vibrante che ha indotto molti passeggeri a manifestare il proprio disappunto con il personale delle Ferrovie dello Stato. Dopo diversi tentativi di risoluzione diplomatica della vicenda, in totale assenza di risposte, ritenute dagli stessi passeggeri esaustive e convincenti, il perdonale della stazione bruzia, ha invitato i passeggeri ad aspettare il regionale diretto a Sibari. Ma anche qui non è mancata la dilatazione dei tempi, considerato che l’altoprlante ha annunciato che il treno in questione portava ben quindici minuti di ritardo, cresciuti progressivamente. Insomma, con il passare del tempo, divenuto ore, la “folla” in attesa è aumentata, coinvolgendo ogni categoria sociale: dallo studente universitario, al lavoratore pendolare, passando per il medico, per l’avvocato, per i “filonisti” e anche i rom che da Cosenza usano il treno per “andare a lavorare” chiedendo l’elemosina lungo le strade dei paesi costieri. Il tempo passa, la campanella non suona, l’altoparlante resta muta e i binari rimangono vuoti e morti. Che dire. Evviva l’Italia, evviva la Calabria.

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