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Franco Pino: “Luigi Carbone stuprò la Lanzino”. Ma chi lo uccise?

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Franco Pino: “Luigi Carbone stuprò la Lanzino”. Ma chi lo uccise?

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COSENZA – Si discute in aula d’Assise sulla sparizione di Luigi Carbone.

L’uomo fu accusato dal collaboratore di giustizia Franco Pino dell’efferato delitto commesso ai danni della giovane Roberta Lanzino. Luigi Carbone, noto alle cronache come il pastore cerisanese scomparso nel Novembre dell’89 è stato l’oggetto della sfilata di teste tenutasi ieri nell’aula del Palazzo di Giustizia cittadino. Lui, e i rapporti con  Franco Sansone, che il pentito cosentino Pino indica come il presunto complice nell’omicidio di Roberta Lanzino. Sul banco degli imputati è proprio Sansone con i suoi congiunti, il fratello Remo e il padre Alfredo che secondo l’accusa avrebbero provveduto ad ‘eliminare’ il Carbone per il timore che potesse rivelare verità sulla morte della studentessa. Durante le audizioni è stato ascoltato Antonio Barone il quale negli ultimi mesi prima della scomparsa di Luigi ebbe con lui a chiarire insieme a Sansone dei danneggiamenti subiti sui suoi campi. Particolare rilevanza assume il racconto di Antonio Barone circa la visita che fece a Sansone per chiedere chi fosse l’autore del gesto che lo aveva portato a perdere parte del raccolto di grano. “Sono andato con Luigi – afferma Barone – a casa di Franco per chiedere se sapeva qualcosa, perché in precedenza mi aveva detto che erano stati i suoi animali a rovinare i miei campi e mi aveva offerto un risarcimento che rifiutai. In casa c’era Alfredo, il padre, che diceva che Franco non sapeva nulla, mentre Luigi affermava che era stato proprio lui a farmi questo sfregio. In quell’occasione Alfredo rivolgendosi a Luigi gli disse ‘nun tiani cchiù’, non so cosa volesse dire. Poi mi guardò e mi disse ‘lascialo stare tanto qualcuno prima o poi a questo lo uccide””.

 

Dopo cinque mesi Luigi Carbone scompare. Per sempre. Nel 2007 è lo stesso Antonio a spiegare il perchè di questi danneggiamenti: “i Sansone facevano pascolare il bestiame nelle terre limitrofe per indurre i piccoli proprietari ad allontanarsi vendendo il terreno a due lire”. Ma perché nessuno denunciava? Perché non rivolgersi alle autorità? Già le forze dell’ordine, rappresentate in quella zona dal maresciallo De Leonardis. “Non ho denunciato perchè non mi fidavo di lui, – spiega Carbone – innanzitutto perchè aveva, secondo le chiacchiere di Paese una relazione con Rosaria Genovese, la quale era molto ‘amica’ di Sansone. Si diceva anche che facesse i verbali a comando prestandosi ai giochini della Genovese. In più mi aveva colpito un suo gesto. Quando morì Frangella ribaltandosi con il trattore stavamo aspettando al bivio il giudice quando due macchine alla vista dei carabinieri fecero dietro front frettolosamente e una di queste andò fuori strada. Vidi che mentre le persone scendevano dalla macchina dalla stessa era caduto un mitra che il maresciallo occultò spostandolo con un piede sotto la vettura. Poi trovò un passaggio agli incidentati e li fece andare via. Io ero perplesso”. La difesa di Franco Sansone pone all’attenzione del giudice le incongruenze sulle testimonianze di Antonio Carbone il quale, da quanto risulta dagli atti letti in aula, negli interrogatori del ’90 e del ’92, pare disse che in realtà a fare lo ‘sfregio’ fu Luigi Carbone. Chi falciò il grano resta un mistero. Lo stesso mistero che ancora avvolge la sparizione del corpo di Carbone. 

 

 

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