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Il dramma dei dimenticati

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Il dramma dei dimenticati

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COSENZA – E per favore, non chiamiamolo dramma della povertà. E’ un dramma, e basta. La triste fine di tre romeni, divorati stamattina

dal fuoco, tra le pareti del loro alloggio di fortuna, ubicato al pian terreno di una casa disabitata di via XXIV Maggio, deve farci riflettere. La morte, ce l’ha insegnato la livella di Totò, è uguale per tutti, e alla signora vestita di nero, con la falce in mano e il volto coperto, non interessa se si tratti di un povero o di un ricco, di un bianco o di uno di colore, di un edotto o di un analfabeta. La morte porta via tutto, ma io da cronista e da cittadino, credo che sias dovere di una società civile, pensare che anche i clochard, gli ultimi, gli invisibili, gli indifesi, meritano dI veder riconosciuta e anche sacrosantamente la loro dignità. Non esistono morti di serie A, di serie B o di categorie inferiori. Quello che è successo oggi a Cosenza, riporta sotto la luce dei riflettori della cronaca, il triste fenomeno dell’emarginazione. I tre romeni morti (irriconoscibili i loro corpi, ancora più complicata accertare la loro identità, ndr) erano tre mendicanti che, stando ai racconti di qualche loro connazionale, non davano fastidio as nessuno, vivevamo per strada, chiedendo l’elemosina sulla scale di una chiesa, davanti ai semafori o davanti le porte scorrevoli d’ingresso dei supermercati. Vivevano in punta di piedi, e così, allo stesso modo, la signora morta ha deciso di portarseli via. Al momento l’unica possibile causa di questa tragedia cittadina, è legata ad una stufa elettrica. Le operazioni dei vigili del fuoco, così come della polizia (l’indagine è affidata agli agenti della squadra Mobile, diretti dal commissario capo Antonio Miglietta, ndr) e dei carabinieri (presente sul posto anche il colonnello Francesco Ferace, comandante provinciale dell’Arma, arrivato sul posto per rendersi conto di persone di cosa fosse successo, ndr) sono state lunghe, difficili e complicate. Rallentate anche dallo stato di incuria, in cui è stata trovata l’abitazione. Sul posto sono intervenuti anche il sindaco Mario Occhiuto e il vescovo Salvatore Nunnari. Tra i più affranti c’era don Antonio Abruzzini, parroco di San Pietro e Paolo. Lui che ha scelto di servire il Signore, decidendo di farlo come ultimo fra gli ultimi, di romeni solitari, così come di quei tanti invisibili che bussano alla sua chiesa, è stato uno dei primi a correre sul luogo della tragedia. Purtroppo non c’era niente da fare, erano già morti, ma ho pregato, prego e pregherò per questi nostri sfortunati fratelli. Già fratelli, fratelli, di cui spesso, troppo spesso ci vergogniamo, così tanto da evitarli, da far finta di non vederli, emarginandoli e negandogli non solo un’offerta ma a volte anche un sorriso, che per alcuni di loro, vale molto di più di un’elemosina. Ma oggi purtroppo, a far notizia è la cronaca di questi tre senzatetto sono morti a Cosenza nell’incendio della casa abbandonata in cui erano andati a vivere. Il rogo potrebbe essere stato provocato da un corto circuito. Secondo i primi rilievi di polizia e carabinieri, nel casolare diroccato c’era una stufa elettrica allacciata alla rete con un collegamento di fortuna. L’allarme è scattato stamani quando i vigili del fuoco sono intervenuti sul luogo dell’incidente, via XXIV Maggio, una strada del centro della città a poche centinaia di metri dal Comune. Entrando nei locali, dopo avere spento le fiamme, i vigili del fuoco si sono accorti della presenza di tre cadaveri carbonizzati e hanno avvertito le forze dell’ordine. Le indagini sono condotte dalla polizia.  Al primo piano dello stabile abbandonato (l’incendio è avvenuto nel magazzino) vive un altro uomo. È Adì, un giovane marocchino, che gli agenti hanno sentito subito dopo aver effettuato i primi rilievi. La sua testimonianza non è, tuttavia, risultata utile a capire le cause del rogo. «Ero ubriaco e stavo dormendo, non ho sentito nulla. Sono stato svegliato dai poliziotti», ha aggiunto prima di essere condotto in Questura per essere sentito sull’identità delle vittime. «Era la prima notte – ha detto – che dormivo qui. Di solito sto alla stazione. Ieri sera, dopo mezzanotte, sono arrivato e mi sono messo a dormire. Non mi sono accorto di niente». Dunque, per il momento, l’unica traccia sulla quale lavorare per rimettere insieme i pezzi di questa tragedia è la piccola stufa elettrica da cui potrebbe essere partito l’incendio. Che si è sviluppato in pieno centro, a pochi passi dal fulcro della movida notturna cosentina. Dove convivono locali, divertimento e drammi. Drammi troppo spesso ignorati.

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