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Gli equlibri criminali saltati a Lamezia specchio di tutta la Calabria?
LAMEZIA – Attentati come in uno scenario bellico, bombe in serie.
Troppe, troppo devastanti per essere considerate come episodi gravi ma avulsi da attività tellurica sul tessuto
criminale della città di Lamezia Terme.
Equilibri saltati, andati in frantumi, come i piatti della bilancia del farmacista dopo un colpo, dopo più colpi.
È acclarato che alla base di ogni ordigno esploso in questi mesi ci siano atti intimidatori nei confronti della ‘ndrangheta che collabora che questa muti gli scenari, cambi le carte in tavola, sparigli.
Storicamente la ‘ndrangheta non ha mai realmente risentito, a differenza delle altre criminalità organizzate, del fenomeno del pentitismo, questo perché nelle ‘ndrine calabresi il carattere familistico è assai spiccato e pentirsi, in gran parte, significherebbe condannare membri della propria famiglia.
Ciò ha scoraggiato, nel corso degli anni, quanti avrebbero potuto pentirsi ma oggi qualcosa è cambiato: le cosche lametine Giampà, Torcasio e Notarianni contano tra i sette e gli otto pentiti, un numero enorme, impensabile anche in un passato recente. Un impatto investigativo tale da portare, nei mesi scorsi, alla chiusura del cerchio di diverse operazioni di polizia che hanno messo in ginocchio i clan, primo fra tutti quello dei Giampà, che può definirsi completamente decimato.
La ‘ndrangheta che collabora, a Lamezia, tuttavia, ha solo un nome che sovrasta tutti: Angelo Torcasio e non a caso la pizzeria esplosa nei giorni scorsi apparteneva alla sorella, così come al cognato il bar fatto saltare in aria nel Luglio scorso.
Ma chi è Angelo Torcasio e perché fa così tanta paura?
Partiamo dal presupposto che Torcasio, prima del suo arresto, faceva parte della cosiddetta “commissione”, un gruppo di notabili, sei in tutto, che in capo alla ’ndrangheta gode di un ruolo primario e tira le fila di tutta l’attività criminale.
A fronte di quanto dichiarato dal Procuratore Borrelli, secondo il quale ora ci si pente perché il delirio di onnipotenza e di intoccabilità dei membri delle cosche, dopo gli arresti, sta scemando e piuttosto che finire la loro vita in prigione gli accoliti preferiscono collaborare, pare che Angelo Torcasio, abbia iniziato la sua attività di collaboratore di giustizia, dopo essersi rifiutato di obbedire all’ordine, proveniente dall’alto, di assumersi la responsabilità di tutto.
Da qui la sua attività di pentito, da qui l’operazione “Medusa” e i 36 arresti che hanno annientato i Giampà. L’opera di collaborazione, però, è solo servita a supportare l’attività d’indagine già svolta, corroborandola. Ma cosa aiuta a sostenere la tesi che gli ordigni siano diretti a far tacere i collaboratori?
Una foto, molto chiara, recapitata, non si sa come, allo stesso Angelo Torcasio, nella quale sono ritratte cinque bottiglie di prosecco in piedi messe in cerchio ed una a terra. Quella caduta, non ci vuole molto a capire che si riferisca al traditore, “porchetta”, Angelo Torcasio.
Le cosche lametine si stanno riorganizzando o semplicemente hanno paura e sono disorganizzate?
I Giampà, quelli che contano, sono tutti in carcere, chi sta fuori recluta ragazzini – tratti in arresto subito, non a caso con operazioni dal nome “nuove leve”- i quali pare chiedano ai commercianti estorsioni irrisorie, per cifre velocemente passate dai 1000 ai 400 euro.
Ma ciò che terrorizza le cosche e che li spinge ad esporsi in maniere eclatante ed inequivocabile, attraverso le bombe, sarebbe la presunta collaborazione, né confermata e né smentita dallo stesso Borrelli, del figlio del “professore”, il figlio di Francesco Giampà, Giuseppe, un vero e proprio padrino.
La famiglia, tramite un comunicato e secondo un clichè collaudato ha smentito l’indiscrezione, ma, pur considerando solo ipotetica la “svolta collaborativa”, il muro è ormai lineato e l’acqua della delazione, dell’aggressione alla cosca dall’interno, qualunque sia il nome che di volta in volta viene messo a verbale, si fa strada in maniera silente e devastante ogni giorno di più facendo saltare uno dopo l’altro, come in un domino perverso, tutti gli equilibri della ‘ndrina.
Quegli equilibri che qualcuno prova a ripristinare a suon di bombe comprendendo bene che il pentitismo a catena porta drtitti all’annientamento del clan, la qual cosa lascerebbe spazio a un nuovo scenario di vendette e guerra.
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