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Cosenza: pazienti soli al Pronto soccorso e nelle cliniche, in un anno cos’è cambiato?

COSENZA – Alla nostra redazione ha scritto un cittadino, P.D.C. rifacendosi ad un nostro articolo pubblicato ad inizio anno, nel quale un cittadino ci scriveva per rivolgere un appello al presidente Occhiuto ed ovviare a questa situazione che dopo due anni di pandemia vede costrette alla solitudine le persone nei pronto soccorso e non solo.

“Le visite per quanto io ne sappia – scrive – sono vietate in tre diverse cliniche dell’area urbana, una di queste ha anche ha allestito la stanza degli abbracci dove previa esibizione del tampone e prenotando un appuntamento (massimo 2 a settimana di circa un’ora) si può fare visita ai degenti. Il controsenso per eccellenza poi, è il tampone per far visita al degente. Io vorrei sapere se chi fa terapia, l’infermiere il medico fanno i tamponi? Sono immuni dal virus? Non hanno una vita al di fuori della clinica? Allora perché anche solo un parente non può far visita?”

“Il ricovero in ospedale – come scrive la presidente dell’associazione Bene Comune Calabria Filomena Falsetta (nell’articolo del 14 gennaio 2022) – rappresenta per qualunque persona un momento di ansia, di paura, di estraneità rispetto al proprio ambiente di vita, per cui la lontananza dalla famiglia non fa altro che accentuarne le sofferenze. Non solo, la situazione di impossibilità di accesso dei parenti spinge sempre di più verso la completa assenza di relazioni e di confronto con i medici ed il personale sanitario”.

“I familiari dei pazienti – sottolinea il lettore – non possono in nessun caso essere estromessi, in quanto hanno il sacrosanto ed inviolabile “diritto-dovere” di partecipare attivamente alla vita del paziente, di rendersi conto di persona di ciò che accade all’interno della struttura di ricovero, di informarsi costantemente sullo stato di salute dei propri congiunti attraverso un “confronto diretto” con i medici ed il personale sanitario, e non attaccarsi ad un telefono alla disperata ricerca di parlare con un medico che sfortunatamente è sempre impegnato in qualcosa di grave da gestire e pertanto impossibilitato a rispondere e dare notizie al povero parente che aspetta anche per giorni una notizia sullo stato di salute del proprio caro ricoverato”.

“Rinnovo l’appello al pari di quello del cittadino che ha sollevato la faccenda ormai quasi un anno fa, al presidente della Regione, Roberto Occhiuto, affinchè adotti ogni misura diretta a ristabilire quel sistema di relazioni da parte dei congiunti dei pazienti con i medici ed il personale sanitario. Ciò consentirà da un lato, ai congiunti di assolvere coscientemente alla cura dei propri cari, e, dall’altro, di responsabilizzare maggiormente il sistema sanitario sulla centralità del paziente, non più solo”.

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