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Allevatori calabresi minacciano di manifestare a Roma con trattori carichi di letame

Calabria

Allevatori calabresi minacciano di manifestare a Roma con trattori carichi di letame

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Un decreto per arginare le truffe sui pascoli costringerebbe gli allevatori alla restituzione di centinaia di milioni di euro. Duemila aziende a rischio in Calabria.

 

CATANZARO – “Recitava un vecchio adagio: “aegrescit medendo”, ovvero, “il rimedio è peggiore della malattia”. E’ così – scrive in una nota Confagricoltori – che il Ministro Martina ha inteso risolvere il problema della truffa dei pascoli magri. Anziché curare la malattia, decide di sopprimere il malato. Qualche anno fa, alcuni allevatori veneti e lombardi, prendevano in affitto alpeggi d’alta quota in Abruzzo, per aumentare virtualmente la superficie agricola, al fine di riscuotere poi i premi Pac, attraverso la pratica del pascolamento conto terzi. In poche parole speculavano società di allevatori, messe in piedi solo per accaparrarsi i famosi  pascoli di carta, in comuni dove amministravano sindaci compiacenti.

 

Queste sedicenti società del nord, inoltre, obbligavano gli allevatori abruzzesi, rimasti senza pascoli, a stipulare contratti, a prezzi anche abbastanza alti. A seguito di continue denunce e per colpa di questi furbastri, che speculavano ben due volte con i terreni, (sub-affitto e benefici  pac), nel 2013, Agea annulla il pascolamento conto terzi.  La scelta dell’attuale Ministro delle Politiche Agricole asseconda tale iniziativa e con Decreto N° 1922 del 20 marzo 2015 all’art. 9 comma 7, elimina per il 2014, quindi retroattivamente, il contributo per il pascolamento conto terzi, penalizzando così non solo i truffatori, ma indistintamente agricoltori ed allevatori sparsi in tutt’Italia, che avevano utilizzato ed ancora utilizzano con onestà la pratica del pascolamento conto terzi.

 

Significa, in poche parole, che migliaia e migliaia di allevatori/agricoltori, che hanno percepito gli aiuti 2014, per il pascolamento conto terzi, devono restituire il “maltolto”; significa che centinaia di milioni di euro dovranno essere restituiti all’Unione Europea, senza che questi possano poi essere più utilizzati in Italia. Confcoltivatori nello scorso mese di giugno ha impugnato davanti al Tribunale Amministrativo del Lazio, il decreto. Abbiamo i terreni e le aziende in Italia, – spiega Confcoltivatori – nelle nostre splendide regioni,  vogliamo continuare a produrre e lottare per le nostre terre, vogliamo ancora aiutare la nostra nazione, vogliamo continuare a dare lavoro alle tante famiglie italiane, però il Governo sta esagerando, la misura è già colma, anzi con il Decreto dello scorso 20 marzo, ha oltrepassato anche la soglia massima di sopportazione.

 

Si sta colpendo con fendenti duri, mortificando giorno dopo giorno, l’intera categoria. La zootecnia è in difficoltà, la carne bovina si (s)vende, alla grande distribuzione, a 2 euro al chilo, il latte viene (s)venduto a 35 centesimi al litro. Il settore frutta è in grave crisi. Gli aiuti comunitari sono stati ridimensionati. Il 2014 è stato l’annus horribilis dell’olio. I castaneti ed i noccioleti sono stati attaccati dal parassita cinipide. Il prezzo del gasolio agricolo è salito alle stelle. Le banche hanno ridotto l’accesso al credito per la mancanza di meccanismi di garanzia efficienti.  E qua ci fermiamo, anche perché, volendo continuare, l’elenco delle sventure sarebbe ancor più lungo e dettagliato. Di fronte alle difficoltà appena accennate, il Governo ed il Ministro delle Politiche Agricole, per tutta risposta cosa fanno? Non solo introducono la vergognosa IMU agricola, ma escogitano anche il modo per far restituire a migliaia di allevatori ed agricoltori centinaia di milioni di euro all’Unione Europea.

 

In poche parole, il rischio di fallimento per molte aziende piccole, medie e anche grandi, dovuto proprio agli effetti del  Decreto, appare tutt’altro che remoto. Il ricorso al Tar era doveroso, così com’è doveroso appellarci a tutti i Parlamentari affinché possano studiare bene la vicenda ed eventualmente, poi, chiedere la modifica dell’Atto,  perorando così la nostra causa e la causa di migliaia di aziende agricole presenti in tutta Italia. Ad eleggere Parlamentari e Senatori sono i territori, quindi gli stessi, hanno anche il dovere morale, di interessarsi ai problemi territoriali d’appartenenza. A tal fine ricordiamo ai Parlamentari calabresi, che solo nella nostra Regione, rischiano il fallimento, per questo problema oltre 2000 aziende. Se questo appello non dovesse trovare ascolto, faremo come i colleghi francesi, porteremo i trattori carichi di letame davanti al Parlamento”.

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