Calabria
‘Ndrangheta, le rivelazioni choc di un pentito sulla scomparsa di Maria Chindamo
Un collaboratore di giustizia Antonio Cossidente riporta alla Dda di Catanzaro delle confidenze ricevute da Emanuele Mancuso su come e perché l’imprenditrice sia stata eliminata
VIBO VALENTIA (RC) – Scomparve il 16 maggio 2016 mentre si trovava nella sua tenuta agricola di Limbadi, nel Vibonese. Ci sono nuove rivelazioni su Maria Chindamo, imprenditrice di Laureana di Borrello, in provincia di Reggio Calabria, grazie alle dichiarazioni rilasciate dal collaboratore di giustizia Antonio Cossidente, 55 anni di Potenza, alla Dda di Catanzaro, che sta indagando sul caso. Cossidente ha condiviso la detenzione in carcere con Emanuele Mancuso, capostipite dell’omonimo clan di Limbadi fra i più influenti della ‘ndrangheta, con cui instaurò un legame forte. Da quest’ultimo avrebbe appreso che Maria Chindamo sarebbe stata uccisa e fatta a pezzi con un trattore o data in pasto ai maiali a causa del suo rifiuto a cedere i propri terreni di Limbadi al confinante Salvatore Ascone, ritenuto legato al clan Mancuso e già arrestato per il delitto ma poi scarcerato dal Tribunale del Riesame.
Al momento la Dda guidata dal procuratore Nicola Gratteri, ha messo al vaglio le dichiarazioni di Cossidente. Secondo il collaboratore di giustizia, il corpo della Chindamo sarebbe stato fatto sparire il 6 maggio del 2016 – nello stesso giorno in cui si tolse la vita l’ex marito della donna – per depistare le indagini e far ricadere i sospetti del delitto sulla famiglia dell’ex marito.
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