Calabria
Politica e ‘ndrangheta unite tra voti e ‘favori criminali’, gravi indizi a carico degli indagai
Colletti bianchi che scendono a patti con la mafia e competizioni elettorali pianificate insieme alle cosche
REGGIO CALABRIA – Alessandro Nicolò, “in cambio dei consensi elettorali ha garantito una permanente ed incondizionata offerta di contributo, anche materiale, in favore del sodalizio, con messa a disposizione di ogni energia e risorsa personale per qualsiasi impiego criminale richiesto”. Lo scrive il gip di Reggio Calabria Domenico Armaleo nell’ordinanza emessa su richiesta della Dda nell’inchiesta “Libro nero” contro la cosca Libri parlando del consigliere regionale Alessandro Nicolò, di Fdi ma allontanato dal partito in ragione dell’inchiesta, arrestato ieri insieme ad altre 16 persone. “La messa a disposizione dell’indagato – afferma il gip – ha rafforzato il proposito criminoso degli altri associati ed ha accresciuto le potenzialità operative e la complessiva capacità di intimidazione ed infiltrazione nel tessuto sociale del sodalizio. Nicolò è il sodale espressione dei Libri in seno alle istituzioni, in ciò sta l’essenza della sua stabile e organica compenetrazione egli, come ci insegna la più consolidata giurisprudenza, ha assunto un ‘ruolo dinamico e funzionale’, in esplicazione del quale ha ‘preso parte’ al fenomeno associativo, così consentendo al sodalizio di conseguire i suoi propositi criminosi”. “Nicolò – scrive il giudice – è, dunque, il soggetto, scelto dai vertici della consorteria, chiamato a farne gli interessi in seno agli organi di governo elettivi del territorio di influenza dell’associazione. E’ indubbio pertanto come a fronte di rapporti collusivi consolidati da tempo e caratterizzati da una risalente continuità di scambi politico-mafiosi la volontà di Nicolò venga inevitabilmente a mischiarsi con le finalità associative. In conclusione Alessandro Nicolò è il cosiddetto colletto bianco che scende a patti con la mafia, con accordo corruttivo stabile che assume le caratteristiche di un vincolo affidabile ed in qualsivoglia momento esigibile”.
LE STRATEGIE POLITICHE
“Sono svariate le conversazioni nel corso delle quali l’indagato è ritenuto un politico serio, affidabile, disponibile ad assecondare i desiderata dell’amico Tortorella (il dentista nel cui studio secondo l’accusa si delineavano le strategie politiche della cosca Libri, ndr) e su impulso di questi, del conclamato ‘ndranghetista Stefano Sartiano”. Lo scrive il gip di Reggio Calabria nella sua ordinanza nell’inchiesta “Libro nero” parlando di Demetrio Naccari Carlizzi, l’esponente del Pd per il quale il giudice non ha ritenuto di accogliere la richiesta di arresto avanzata dalla Dda per concorso esterno in associazione mafiosa. Già vice sindaco a Reggio Calabria, vice presidente del Consiglio regionale e assessore regionale, Demetrio Naccari Carlizzi è il cognato del sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà. Nell’ordinanza, il gip sottolinea che “nonostante Naccari fosse ben consapevole dell’appartenenza del Tortorella alla locale criminalità organizzata, sono stati registrati numerosi contatti telefonici, incontri tra presenti, addirittura una visita presso il domicilio dell’indagato da parte dello ‘ndrenghetista Sartiano e di Tortorella”. Dagli atti, prosegue poi il gip, “emerge una certa disponibilità di Tortorella nell’appoggiare la candidatura di Naccari”. Inoltre viene citato l’episodio di una cena alla quale Naccari avrebbe partecipato a poco più di un mese dalle regionali del 2010 – all’epoca era assessore nella Giunta regionale di centrosinistra – alla quale erano presenti anche i fratelli Lampada “espressione della cosca Condello”. “Tutti gli elementi passati in rassegna – scrive infine il gip – dimostrano la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza circa l’esistenza di un solido e reiterano vincolo sinallagmatico che in occasione delle competizioni elettorali d’interesse, veniva sistematicamente rinnovato tra l’indagato e gli esponenti delle più temibili cosche cittadine. Occorre però affermare, con il livello di certezza richiesto in questa sede, che non appaiono sussistere indici rivelatori di uno stabile inserimento dell’indagato nel tessuto organizzativo dell’associazione”.
“Ora questo qua ti vuole incontrare perché è venuto da me e mi ha detto che voleva parlare con Nino De Gaetano, dice io gli devo chiedere un favore se loro hanno bisogno alla Procura, io ho aiutato a tanti senza che mi fanno favori, una cosa ed un’altra dice sai, tu sai che io sono serio, se prendo un impegno lo mantengo eccetera eccetera. Gli ho detto secondo me è meglio che parliamo con Sebi”. E’ la telefonata che ha inguaiato il capogruppo del Pd alla Regione Calabria Sebastiano Sebi Romeo (ora sospeso dal partito) ai domiciliari da con l’accusa di tentata corruzione. L’arresto è stato effettuato contestualmente a quelli disposti nell’inchiesta contro i Libri, ma come specificato dal procuratore Giovanni Bombardieri, Romeo non ha niente a che fare con i Libri. A fare la telefonata a Romeo è Concetto Laganà, segretario del Pd di Melito Porto Salvo che gli riferisce il messaggio di un suo vecchio compagno di scuola rivisto ad una cena tra ex studenti, Francesco Romeo, maresciallo della Guardia di finanza all’epoca in servizio alla sezione di Pg della Procura. Il gip ripercorre le tappe che portano ad un incontro – svoltosi nel luglio 2015 – tra i tre organizzato con una terminologia criptica per la paura del sottufficiale di intercettazioni. “Se, per un verso – scrive il gip – Franco Romeo ha presentato a Laganà la richiesta, rivolta al politico, di assumere una terza persona, in cambio questi si è detto propenso a fornire utili informazioni su indagini in corso. Per altro verso Romeo, nel corso della conversazione del 24 giugno 2015, ha manifestato interessamento. Ha in altri termini percepito l’utilità della proposta corruttiva e lo ha detto espressamente a Laganà. Tuttavia, non vi è prova che l’abboccamento si sia tradotto in un accordo, espressione della sintesi delle volontà dei protagonisti”.
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