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Le mani della ‘ndrangheta crotonese in Veneto, eseguite 33 ordinanze cautelari

Calabria

Le mani della ‘ndrangheta crotonese in Veneto, eseguite 33 ordinanze cautelari

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Numerosi i reati contestati alle trentatre persone indagate in un’inchiesta della Procura distrettuale antimafia di Venezia

 

VENEZIA – È scattata questa mattina una vasta operazione contro la ‘ndrangheta in Veneto. I carabinieri di Padova e la guardia di Finanza di Venezia stanno eseguendo 33 misure di custodia cautelare nell’ambito di un blitz è coordinato dalla Procura distrettuale antimafia di Venezia.

Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata al riciclaggio, usura, sequestro di persona, estorsione e emissione di fatture inesistenti. L’operazione ribattezzata Camaleonte, avrebbe inflitto un duro colpo alla criminalità organizzata a Nordest. Il blitz ha coinvolto diverse regioni italiane. Sono state eseguite una cinquantina di perquisizioni, fra Treviso, Vicenza, Padova, Belluno, Rovigo, Belluno, Reggio Emilia, Parma, Milano e Crotone. Le indagini, partite alla fine del 2015, sono relative alle infiltrazioni nel tessuto economico portate avanti in questi anni dalla criminalità legata al clan dei cutresi. Sono stati eseguiti anche numerosi sequestri, per un valore di 10 milioni di euro.

Nella rete delle forze dell’ordine sono finite 13 persone agli arresti e 14 ai domiciliari. Altre sei hanno l’obbligo di firma, mentre per altri sei è scattato l’obbligo di non esercitare impresa per 12 mesi. Tutto faceva capo al clan ‘Grande Aracri’ di Cutro, in provincia di Crotone. La cosca (‘ndrina) della ‘ndrangheta calabrese ha tra i suoi boss di spicco Nicolino Grande Aracri, detto ‘Il professore’ o ‘Mano di gomma’.

La ‘ndrangheta è sbarcata da tempo in Veneto: prima riciclando denaro attraverso la droga e la prostituzione; poi con lo strozzinaggio. Gli ‘ndranghetisti – ha ricostruito Cherchi – si presentavano ai piccoli imprenditori come semplici operai, per poi guadagnare posti di maggior rilievo quando, alla prima difficoltà economica dell’azienda, cominciavano a prestare denaro ai loro datori di lavoro (a tassi usurai fino al 300%).

Di fronte all’impossibilità di rispettare le scadenze del debito l’imprenditore ‘adescato’ veniva minacciato, picchiato fino a che non cedeva l’azienda, o staccava false fatture per riciclare denaro, creando fondi neri che consentivano agli ‘ndranghetisti di lanciarsi in nuovi ‘investimenti’ da trasformare in usura. Le imprese controllate, con le false fatturazioni e l’evasione fiscale, hanno provocato un danno, in termini di concorrenza alle imprese sane, stimato in 8 mln di euro. “Che si tratti di criminalità organizzata o no, questi figuri devono capire che il Veneto è terra di onestà e di legalità ha detto il Governatore Luca Zaia -, che non sopporta i delinquenti e che è supportata da inquirenti e forze dell’ordine tenaci, preparati, duri quanto serve. Pane duro da masticare per il crimine, che lo sarà ogni giorno di più”.

Non infiltrazioni mafiose ma la presenza della ‘ndrangheta

“In Veneto non si può più parlare di infiltrazioni delle mafie ma di una presenza, una realtà che però è controllabile grazie al solido tessuto sociale”. Lo ha detto il Procuratore di Venezia Bruno Cherchi, il quale ha sottolineato come le ultime inchieste abbiano portato oltre 100 arresti in Veneto per criminalità organizzata e pertanto “non si può più parlare di presenze a livello locale ma di un quadro di riferimento con struttura regionale”. Un riferimento che oltre alle organizzazioni malavitose calabresi comprende anche mafie, come la camorra, oggetto dell’inchiesta portata a termine il mese scorso nel veneziano. Di contro, per Cherchi “c’è la sostanziale forza del territorio, sia sul fronte amministrativo che imprenditoriale, che offre stimoli per controllare il fenomeno”. “Le ultime attività di rilievo – ha aggiunto – dimostrano la capacità di reagire ad una attività mafiosa, nelle varie declinazioni, che può essere contrastata”.

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