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Sanità: liste d’attesa, direttori generali rimossi se non garantiscono visite ed esami

Calabria

Sanità: liste d’attesa, direttori generali rimossi se non garantiscono visite ed esami

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E’ quanto prevede il nuovo Piano Nazionale per il Governo delle Liste d’Attesa (PNGLA), predisposto dal Ministero della Salute e presentato oggi in Conferenza Stato Regioni.

 

ROMA – I Direttori Generali rimossi se non garantiscono visite ed esami medici entro il tempo massimo previsto, ma anche una gestione trasparente delle prenotazioni da parte delle strutture, un osservatorio nazionale sulle liste d’attesa di cui faranno parte anche i cittadini e la riduzione dei tempi massimi previsti per ottenere le prestazioni non urgenti. Il nuovo PNGLA 2019-21 “nasce con l’obiettivo prioritario di avvicinare ulteriormente la sanità pubblica ai cittadini”. L’accordo prevede per quest’anno uno stanziamento di 150 milioni e cento milioni per il 2020 e 2021.

Come il precedente, individua l’elenco di prestazioni ed esami diagnostici soggetti al monitoraggio e prevede il rispetto, da parte delle Regioni, dei tempi massimi di attesa per ciascuno. Conferma le 4 classi di priorità da indicare nelle prenotazioni di specialistica ambulatoriale (dalla più alla meno urgente), ma riduce il limite massimo per quelle a priorità programmata (non urgenti) da 180 giorni a 120.

Il ministro Grillo soddisfatta

“Abbiamo fatto un lavoro importantissimo che è durato diversi mesi e oggi –  ha detto il ministro della Sanità, Giulia Grillo, uscendo dalla Conferenza Stato-Regioni – dopo dieci anni, il paese ha un nuovo piano nazionale di gestione delle liste di attesa. Adesso mi aspetto la collaborazione delle Regioni per i primi 60 giorni, saranno loro infatti a dover attuare i lori piani regionali. Finalmente daremo un segnale ai cittadini nell’ottica del superamento di una delle barriere più grandi per l’accesso alle prestazioni sanitarie”.

L’attacco dei sindacati, Cimao: “sforzo di pura teoria”

L’approvazione del nuovo Piano nazionale di governo delle liste d’attesa “cerca di dare risposte concrete ma è l’ennesimo sforzo di pura teoria che non affronta il nodo reale della questione che è la carenza di personale e che, se si blocca la libera professione, aumenterà i tempi per le prestazioni”. A dichiararlo è il sindacato dei medici Cimo.

“Le liste di attesa – ricorda Cimo – nascono a causa dei ridotti finanziamenti sulla sanità e sul personale e del concomitante aumento del fabbisogno di cure, che andrà crescendo per il trend di invecchiamento della popolazione e l’evoluzione delle tecnologie diagnostiche”. “Considerare le prestazioni libero professionali uno strumento ‘eccezionale e temporaneo per il governo e il contenimento dei tempi d’attesa’ – prosegue il sindacato – appare del tutto irrealistico”.

“Se l’obiettivo – aggiunge Cimo – è garantire le prestazioni sanitarie (in tempi accettabili) e contenere gli oneri a carico dei bilanci delle Asl, la domanda è come possa riuscire un tale gioco di prestigio dal momento che l’attuale finanziamento dei Lea, Livelli essenziali di assistenza, è del tutto insufficiente al reale fabbisogno di cure”. “Dato che il piano prevede che ciascuna Azienda possa provvedere alla definizione di eventuali fabbisogni di personale e di tecnologie in relazione all’obiettivo della riduzione dei tempi di attesa – si interroga il sindacato – come potrà farlo se il limite per la spesa del personale rimane non solo bloccato al 2004, ma decurtato di un ulteriore 1,4%? A questo interrogativo si aggiunge quello sulla effettiva destinazione d’uso dei proventi aziendali ricavati dalla libera professione, il cui utilizzo doveva già da tempo essere funzionale a interventi per la riduzione dei tempi di attesa”. “Solo tra il 2010 e il 2016 le aziende hanno incassato ben oltre 1,2 miliardi – è la conclusione – eppure non sempre si ha la rendicontazione trasparente circa l’utilizzo dei proventi”.

Carlo Palermo, segretario nazionale Anaao Assomed: “fiera dell’ipocrisia”

“Una fiera dell’ipocrisia” che non risolve il problema, ovvero la mancanza di personale, di tecnologie e di organizzazione. E’ netta la bocciatura che arriva da parte dei medici al nuovo Piano Nazionale per il Governo delle Liste d’Attesa (Pngla), predisposto dal Ministero della Salute e oggi all’esame della Conferenza Stato-Regioni. Le critiche prendono di mira l’ipotesi, prevista nel nuovo Pngla, di un blocco delle prestazioni in intramoenia in caso di criticità, ovvero di prolungamento dell’attesa entro i tempi massimi previsti: per i medici si tratta di un attacco nei loro confronti e nei confronti dell’attività da loro espletata fuori dall’orario di lavoro, privatamente, nella propria struttura sanitaria.

“Regioni e Governo – commenta Carlo Palermo, segretario nazionale Anaao Assomed – si autoassolvono dalla responsabilità politica e gestionale del mantenimento e dell’allungamento delle attese, sempre più lunghe, per le prestazioni sanitarie indicando nei medici dipendenti il capro espiatorio ideale, e nella loro attività libero professionale intramoenia la causa da rimuovere nel caso, non improbabile, che non si rispetti il piano delle illusioni che hanno stilato”. Il nodo, aggiunge Palermo, è che si pretende di “definire la tempistica per le prestazioni a prescindere dalle risorse disponibili”.

Il parere di Enzo Paolini dell’Aiop

“Abbiamo illustrato la nostra posizione ben chiara all’ufficio del Commissario e al Dipartimento Tutela della Salute. Noi vogliamo cogliere l’occasione per dimostrare concretamente, nei fatti, di poter realizzare ciò che da anni diciamo e cioè contribuire all’abbattimento delle liste d’attesa e dell’emigrazione sanitaria e al contenimento della spesa. Obiettivi che, come è noto, sono peraltro primari nel mandato dei Commissari”. Lo dice Enzo Paolini, presidente dell’Aiop, l’associazione dell’ospedalità privata.

“Gli ultimi dati Istat – spiega – ci dicono che, per questi motivi 4 milioni di italiani, in gran parte meridionali devono rinunciare alle cure. Dunque, a parte le osservazioni che abbiamo rassegnato su aspetti tecnici e su errori che – dice – a nostro avviso sono contenuti nella proposta e che saranno certamente oggetto di attenta riconsiderazione da parte degli organi preposti, noi abbiamo inteso dare un contributo di politica sanitaria”.

“Abbiamo risposto alle proposte degli uffici cioè dichiarando la nostra disponibilità ad eliminare ogni contrasto ed a lavorare sulle liste d’attesa e sulla enorme quantità di prestazioni che vengono richieste, e pagate, fuori dalla Calabria. In tal caso – continua – una volta controllata e validata la effettuazione delle prestazioni, sul piano della appropriatezza e della qualità, e certificata la riduzione delle liste d’attesa e della emigrazione sanitaria abbiamo dichiarato la nostra disponibilità alla loro remunerazione con regressioni tariffarie, cioè con spesa pubblica ridotta rispetto a ciò che si dovrebbe pagare (e la Calabria sinora paga) a tariffa piena e ad altre Regioni. Con questa manovra – conclude – si coglierebbe oltre ai benefici sopra descritti, anche l’opportunità di consentire alle imprese del settore di competere con quelle di altre regioni, di crescere e magari di incrementare anche indotto a livelli occupazionali”.

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