Area Urbana
Giorgio Barbieri e il collaboratore Longo scarcerati, non sarebbero collusi con il clan Muto
Il tribunale del riesame di Catanzaro accogliendo l’istanza dell’avvocato Rendace, ha disposto la scarcerazione dell’imprenditore romano Giorgio Ottavio Barbieri 42 anni, e del collaboratore Massimo Longo.
COSENZA – L’imprenditore che ha realizzato numerose opere nella provincia di Cosenza e il suo collaboratore erano finiti in manette l’estate dello scorso anno nell’ambito dell’operazione “Cinque Lustri – Frontiera” perchè sospettati di presunti legami con il clan del “Re del Pesce” di Cetraro. Oggi invece la loro posizione viene ribaltata e l’imprenditore romano, risulterebbe vittima del clan Muto.
Accogliendo il verdetto della Cassazione, dunque, il Tribunale del Riesame ha disposto immediatamente l’ordinanza che rimette in libertà sia Barbieri che il suo collaboratore Longo, anche se l’imprenditore romano dovrà comunque attendere anche la decisione del Tribunale del riesame di Reggio Calabria per il processo che lo vede coinvolto per turbativa d’asta e concorso esterno con il clan dei Morabito.
L’operazione Frontiera portò anche all’arresto di Franco Muto, detto “il Re del pesce” e del figlio Luigi per associazione a delinquere di stampo mafioso e per loro, il processo ordinario si terrà a Paola il prossimo 19 ottobre. Il legale di Barbieri, l’avv. Nicola Rendace, avrebbe puntato sulla mancata partecipazione del suo assistito alle attività del clan, «non esistendo indizi di adesione al patto associativo né tantomeno di attività a sostegno degli interessi dell’associazione». Barbieri, secondo il legale, è stato imprenditore ‘vittima’ e «soggiogato dall’intimidazione, non tenta di venire a patti con il sodalizio, ma cede all’imposizione e subisce il relativo danno ingiusto, limitandosi a perseguire un’intesa volta a limitare tale danno. Di conseguenza il criterio distintivo tra le due figure sta nel fatto che l’imprenditore colluso, a differenza di quello vittima, ha consapevolmente rivolto a proprio profitto l’essere venuto in relazione col sodalizio mafioso».
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