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Assolto dopo più di tre anni di carcere da innocente: “Quell’imprenditore con la mafia non c’entra nulla”

Calabria

Assolto dopo più di tre anni di carcere da innocente: “Quell’imprenditore con la mafia non c’entra nulla”

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L’uomo ora ha richiesto allo Stato un risarcimento di 516 mila euro per l’ingiusta detenzione e un altro risarcimento, da quantificare, per il fallimento della sua azienda.

 

REGGIO CALABRIA – In carcere da innocente, oltre tre anni dietro le sbarre; un’azienda fallita che fruttava migliaia di euro e impiegava 60 dipendenti: questa è l’amara vicenda vissuta da Vincenzo Galimi, accusato di essere vicino alle famiglie di ‘ndrangheta del suo territorio; oggi invece risultato innocente. A stabilirlo due sentenze, divenute definitive e proprio per questo l’uomo chiede un risarcimento allo Stato per la sua ingiusta detenzione. Il suo avvocato Domenico Putrino ha richiesto un risarcimento di 516 mila euro (il tetto massimo previsto dalla legge). Mentre sarà compito dei periti, nominati dalla difesa, stabilire l’entità esatta dell’importo da richiedere allo Stato per quanto riguarda il fallimento delle due aziende di proprietà Galimi. Perchè insieme a Vincenzo è stato, anche, accusato il fratello Pasquale Galimi, ora assolto da ogni accusa, che ha richiesto la stessa somma di risarcimento. Per le aziende, il risarcimento è ancora da quantificare ma una è fallita nel corso degli anni a causa degli amministratori giudiziari, l’altra è sepolta dai debiti.

Vincenzo GalimiVincenzo Galimi è originario di Palmi, nel reggino. Finisce in carcere, insieme al fratello Pasquale, nel novembre 2012; nell’ambito della maxi operazione della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria denominata “Cosa Mia”. Con loro altre 52 persone, tutte accusate di essere affiliate alla cosca Gallico di Palmi e a quella di Barritteri di Seminara. Oltre all’accusa di associazione mafiosa, la ditta Galimi veniva accusata, attraverso l’appoggio del clan Gallico, di essersi aggiudicata appalti per i lavori di ammodernamento della Salerno-Reggio Calabria. Ma non solo; l’azienda, secondo l’accusa, rappresentava un punto di riferimento per la cosca e oltre ai lavori di ristrutturazione dell’A3, si era aggiudicata anche i lavori di manutenzione e somma urgenza del comune di Palmi. Da qui il sequestro della ditta, disposto dall’autorità giudiziaria, avvenuto il 10 giugno 2010. Nel processo di primo grado, l’accusa per Vincenzo Galimi la condanna a 16 anni di reclusione. Ma i giudici accolgono la tesi della difesa, secondo cui l’imprenditore era legittimato ad avere rapporti con la ditta Galimi e con la pubblica amministrazione non solo perché dipendente della stessa ditta, ma anche perché era stato nominato procuratore speciale dell’azienda Galimi con vari poteri. 

Nel corso del processo viene chiamato a testimoniare l’imprenditore e testimone di giustizia Gaetano Saffioti (per il quale nacque il processo denominato “Tallone d’Achille”, grazie alla sua ribellione alle imposizioni del clan Gallico, negli anni ’90, denunciando estorsioni ed estortori). Il collaboratore di giustizia scagiona entrambi i fratelli Galimi, affermando che i due non erano collegati alla ‘ndrangheta. Vincenzo Galimi viene assolto in primo grado dall’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso e intestazione fittizia di beni. Il giorno stesso della sentenza, la Corte d’assise di Palmi dispone la restituzione ai Galimi dell’intero patrimonio aziendale, del quale tuttavia resta poco e niente. Arriva anche l’assoluzione in secondo grado, ma in questo caso la Procura generale della Corte d’appello di Reggio Calabria decide di non impugnare il provvedimento. La custodia cautelare di 3 anni in carcere disposta per Vincenzo Galimi, imposta dal Tribunale in primo grado, viene revocata. Oggi l’assoluzione definitiva e la richiesta di entrambi i fratelli di risarcimento di 516 mila euro ciascuno, per la detenzione di tre anni di carcere, senza avere nessuna colpa.

 

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