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Nuove analisi sul motorino e il braccialetto di Roberta Lanzino

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Nuove analisi sul motorino e il braccialetto di Roberta Lanzino

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COSENZA – Si cerca il Dna di quel liquido seminale trovato sui vestiti della giovane uccisa nel 1988.

Vestiti che scomparvero nel nulla dall’ospedale di Paola insieme ai vetrini contenenti il codice genetico degli stupratori della 19enne trucidata a Falconara Albanese ventisette anni fa. Ieri i giudici hanno affidato al Ris di Messina il compito analizzare nuovamente il motorino guidato da Roberta Lanzino, stipato da oltre vent’anni in un magazzino dell’Arma, il braccialetto che indossava al momento della morte, conservato dai genitori, ed una zolla di terreno prelevata al momento del ritrovamento del cadavere sul posto. Lo scopo è confrontare i nuovi elementi con i nuovi imputati. All’epoca infatti la responsabilità dell’atroce delitto fu attribuita ai cugini Frangella, ritenuti poi estranei ai fatti ed assolti. 

 

I sospetti allora si concentrarono su Franco Sansone e Luigi Carbone. Il primo attualmente in stato di libertà dopo aver scontato le pene per le condanne inflittegli in due casi di omicidio, il secondo vittima di lupara bianca. Furono loro secondo l’accusa a bloccare la studentessa rendese per poi abusare di lei lasciando il suo corpo vilipeso abbandonato tra i rovi. Della scomparsa di Carbone sono invece accusati il 46enne Remo Sansone, il fratello 49enne Franco Sansone e l’ormai 75enne Alfredo Sansone padre di entrambi. I tre agricoltori secondo ciò che rivelò il collaboratore di giustizia, Franco Pino, si sarebbero sbrazzati di Carbone perchè ‘sapeva troppo’. Erano loro all’epoca a governare le colline di quell’area del paolano dove imponendo il terrore, come ebbe modo di spiegare in aula un teste anch’egli agricoltore, “facevano pascolare il bestiame nelle terre limitrofe per indurre i piccoli proprietari ad allontanarsi vendendo il terreno a due lire”. 

 

Franco Pino in più occasioni ha dichiarato di conoscere la verità sulla morte di Roberta Lanzino. A raccontargli tutto sarebbe stato il suo amico Romeo Calvano, dell’omonima cosca di San Lucido nel corso della permanenza nel carcere di Siano. Secondo il boss dagli occhi di ghiaccio, la ragazza si fermò per chiedere un’informazione e i due la seguirono con una Fiat 131 per stuprarla nei cespugli e poi ucciderla. I reperti potrebbero confermare o smentire tale versione. Intanto il prossimo 22 Ottobre in aula saranno sentiti altri teste in attesa dei rilievi del Ris. Il consulente di cui si avvarrà la famiglia Lanzino è Vincenzo Pascali, noto per aver relazionato nel caso di Elisa Claps (la sedicenne ritrovata cadavere dopo oltre 15 anni nel sottotetto di una chiesa a Potenza) sul Dna di Danilo Restivo.

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