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L’addio al Ponte sullo Stretto ci costerà caro, ma ne è valsa la pena
VILLA SAN GIOVANNI – La Società Stretto di Messina Spa è in liquidazione.
I lavoratori sono già stati assorbiti da Anas che ne è proprietaria all’81,84%., insieme ai soci di minoranza Regione Calabria (2,5%), Regione Sicilia (2,5%) e Rete Ferroviaria Italiana SpA. (13%). Restano da definire le penali che dovrà versare alle aziende che non effettueranno più i lavori. Nata nel 1981 la società, che sinora è costata ai contribuenti italiani oltre 350 milioni di euro, fu sciolta nel 2006 dal Governo Prodi, per poi essere riesumata da Berlusconi nel 2008. Il ‘tecnico’ Mario Monti ne sancì il commissariamento, affidando la liquidazione al commissario Vincenzo Fortunato che, in carica dal Maggio 2013, ha provveduto allo scioglimento ufficiale del CDA.
Lo scopo dell’esistenza di Società Stretto di Messina Spa sarebbe stato quello di progettare, realizzare e gestire il ponte più grande del mondo, lungo 3.300 metri. Quasi il doppio dell’Akashi Kaikyo giapponese che ora detiene il record mondiale, con una spesa stimata intorno ai 6 miliardi di euro. Un’infrastruttura autorevole, dalla dubbia utilità, che avrebbe rappresentato per la nazione una vera e propria tragedia economico-finanziaria e per le Regioni Calabria e Sicilia un irreparabile disastro ambientale. Scongiurato il pericolo della costruzione del ponte della discordia, restano i fantasmi delle penali da pagare alle ditte appaltatrici.
L’Eurolink, consorzio di imprese guidato da Salini-Impregilo (composto dalla spagnola Sacyr, Condotte d’Acqua della famiglia Bruno, Cmc di Ravenna, la giapponese Ishikawajima-Harima Heavy Industries e Aci spa), che avrebbe dovuto realizzare l’opera, pare abbia già chiesto allo Stato Italiano 1 miliardo di euro per la rescissione dal contratto. Anche se, solo per garantire gli stipendi ai suoi 56 dipendenti, di cui 11 dirigenti, la Società Stretto di Messina Spa spendeva 6 milioni di euro l’anno, e per affitti e manutenzioni altri 4 milioni, sarà difficile arrivare a coprire le spese di risarcimento senza andare a gravare sulle tasche dei cittadini. Palazzo Chigi già nel 2012 aveva stanziato 300 milioni di euro per pagare le penali, ma si teme non basterannno. Anche perchè a questi andranno aggiunti gli oneri finanziari maturati dall”81 e le spese di liquidazione.
Intanto a ricordarci che, nonostante tutto, vale la pena evitare un altro scempio ai danni del Belpaese è una calabrese di rientro a Reggio Calabria a bordo di un aereo di linea. “Oggi pomeriggio, – scrive la donna – di ritorno da Roma, il pilota, che ha tutta la mia ammirazione per ciò che ci ha concesso, ha sorvolato lo Stretto di Messina a bassissima quota. Ma che meraviglia! Le due sponde dello Stretto che quasi si sfiorano in un abbraccio di azzurro mare fatato. Sembrava toccare Ganzirri, Punta Peloro e poi la punta estrema della Calabria che insiste sul meraviglioso triangolo della Trinacria. Quasi in una corale preghiera, la mia vicina di posto ed io abbiamo esclamato: ‘No il ponte non lo devono fare’”.
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