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Insegnanti calabresi: il sit-in a Montecitorio
Da piazza XI settembre a Montecitorio. Gli insegnanti calabresi, riunitisi venerdì scorso a Cosenza in un’assemblea pubblica aperta ai parlamentari, contro il Piano scuola del governo Renzi, sono partiti con una doppia delegazione (da Cosenza e da Lamezia) per partecipare al sit-in organizzato dai docenti autoconvocati romani.
La manifestazione partita ieri nella capitale si accompagnava ad altre iniziative simili in altre città: Torino, Genova, Bari, Milano, Modena. L’occasione era la prevista presentazione ufficiale del Piano Reggi, poi slittata a data da destinarsi, che scontenta gran parte degli insegnanti precari della scuola italiana e interviene in maniera radicale sul settore scolastico, proponendo non solo tagli al personale, ma anche agli anni di scuola obbligatoria.
Circondati dalle forze dell’ordine in assetto anti-sommossa, il pacifico corteo degli insegnanti calabresi non si è potuto unire a quello che stava manifestando a Piazza delle cinque Lune, sempre a Roma, contro l’abolizione del Senato e contro le modifiche alla carta costituzionale che, con la riforma del Titolo V, scardinerebbero anche il sistema Scuola Statale. La Polizia ha infatti chiuso le uscite, impedendo il passaggio del corteo.
Il nuovo Piano Scuola del sottosegretario all’Istruzione Reggi prevede l’aumento delle ore lavorative fino a 36 ore di servizio, il cambio dello stato giuridico dei docenti, il taglio di 1 anno delle scuole superiori, l’introduzione dei privati attraverso il ddl Aprea Ghizzoni e la riforma degli organi collegiali, la cancellazione delle graduatorie d’istituto, la valutazione attraverso l’Invalsi e il conferimento dei pieni poteri al Dirigente scolastico che dovrebbe selezionare i docenti preposti al “merito”.
Vediamo nel dettaglio in cosa si oppongono gli insegnanti:
– l’aumento delle ore lavorative fino a 36 ore di servizio, che manderebbe in esubero, secondo una stima sindacale, circa il 60% dei docenti di ruolo;
– il taglio di 1 anno delle scuole superiori, con un risparmio stimato da Reggi intorno a 1,5 miliardo di euro, grazie all’eliminazione di 100 mila cattedre, ma con un progressivo svilimento della qualità della didattica;
– il ddl Aprea Ghizzoni contenente la riforma degli organi collegiali, aprirebbe le porte ai privati, eliminerebbe la rappresentanza degli insegnanti, degli studenti e dei genitori e inficerebbe la qualità della didattica, così come accade nelle scuole private;
– la cancellazione delle graduatorie d’istituto che , secondo una stima di Reggi, porterebbe alla scomparsa di mezzo milione di precari e aspiranti supplenti;
– la valutazione attraverso l’Invalsi, inefficiente a rilevare la preparazione di uno studente solo con quiz a crocette;
– il cambio dello stato giuridico del docente, perché privatizza e precarizza il rapporto di lavoro;
– il conferimento dei pieni poteri al Dirigente scolastico, che dovrebbe selezionare, a sua discrezione, i docenti preposti al “merito”, avendo anche la possibilità arbitraria di assumere e licenziare.
Quello che chiedono unitamente, invece, è il ripristino degli scatti stipendiali, il rinnovo del contratto collettivo di lavoro e il ritiro del Piano Reggi e del DDL Giannini, depositato alla Camera il 9 luglio 2013.
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