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Matacena è ancora a Dubai, la condanna per associazione ridotta a tre anni
REGGIO CALABRIA – L’armatore reggino Amedeo Matacena, latitante a Dubai dopo una condanna per concorso esterno in associazione mafiosa passata in giudicato il 5 giugno 2013 ha ottenuto una riduzione di pena.
Il reato è stato commesso quando le leggi erano meno intransigenti. Un nuovo ordine di carcerazione, con la nuova pena, sarà quindi emesso dalla Procura generale di Reggio Calabria nei confronti di Amedeo Matacena. E’ questo l’effetto della decisione della Cassazione che stamani ha ridotto la condanna inflitta dalla stessa Corte dall’ex deputato di Fi da 5 a 3 anni di reclusione. Il nuovo provvedimento, secondo quanto si è appreso in ambienti giudiziari, sarà emesso non appena il dispositivo della Cassazione sarà notificato alla Procura generale. Ma, sostanzialmente, hanno riferito le stesse fonti, non cambia la posizione di Matacena se non per il periodo di detenzione che dovrà scontare una volta che sarà arrestato. Matacena si trova attualmente a Dubai, privo di passaporto. L’ex parlamentare era stato condannato dalla Corte d’assise di Reggio Calabria il 13 marzo 2001. Il verdetto era stato poi annullato, il 12 febbraio 2003, dalla Corte d’assise d’appello che aveva preso atto che la Corte costituzionale aveva risolto un conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato in favore di Matacena. Successivamente era stato assolto, in primo grado, il 16 marzo 2006. Assoluzione confermata in appello l’11 maggio 2010. La Cassazione, successivamente, ha però annullato la sentenza con rinvio ad altra corte.
La Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria quindi, il 18 luglio 2012, ha riformato la sentenza di primo grado condannando Matacena. Condanna resa definitiva dalla Cassazione nel giugno 2013. I legali di Matacena in Cassazione hanno invece sostenuto che la prescrizione era già scattata il 23 aprile 2013. La difesa ha inoltre contestato il fatto che a Matacena sia stata inflitta una pena più grave in base ad una legge intervenuta successivamente. E su questo punto c’è stato accogliemnto del ricorso. Scajola 20 anni prima aveva deposto in uno storico processo che a Reggio Calabria aveva svelato gli intrecci perversi tra politica, imprenditoria e massoneria deviata. Vincenzo Macrì, oggi procuratore generale ad Ancona all’epoca titolare di quel procedimento dichiara al sole24ore.com: «Ricordo che fu chiamato come testimone a favore di Matacena. All’epoca Scajola era capogruppo in Parlamento di Forza Italia e la sua fu una testimonianza molto formale che sostanzialmente negava ogni legame tra il suo amico Matacena e le cosche di ‘ndrangheta». Già, perché in quel processo il nome di Matacena fu accostato alla cosca Rosmini, senza però (in quel momento) alcun prosieguo giudiziario.
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