SAN GIOVANNI IN FIORE (CS) – Si è svolta ieri sera a San Giovanni in Fiore la presentazione dell’associazione “Siamo tutti Serafino…nel segno di Antigone” fondata da un gruppo di sole donne che mira ad ottenere trasparenza e chiarezza sulla morte di Serafino Congi, il 48enne deceduto a bordo di un’ambulanza lungo la Statale 107 dopo lunghe ore di attesa nel pronto soccorso di San Giovanni in Fiore e alle altre tragiche vicende avvenute nei mesi scorsi.
“L’obiettivo dell’ associazione – spiega Caterina Perri – è quello di rompere il silenzio opposto da chi detiene il potere. Antigone rappresenta un simbolo carico di significato. La paura è che il potere abbia interesse a mantenere il silenzio su quanto accaduto (si veda anche la vicenda di Carlotta La Croce, la ragazzina Italo Svizzera). L’associazione è gratuitamente aperta a chiunque voglia associarsi, la speranza è quella di crescere sul territorio e rompere questo muro di silenzio. Abbiamo mandato diverse missive a tutti i livelli istituzionali. Potevamo fare due cose: disperarsi privatamente o incanalare il dolore e trasformarlo in qualche cosa di positivo per la comunità”.
La storia di Congi ed il sistema sanitario fallace
“Noi quel giorno eravamo a casa dei genitori di Serafino, il quale si sente male e chiede di essere portato in Ospedale. – racconta ancora Perri – Arriviamo al pronto soccorso alle ore 14,30, entra in codice giallo e il primo elettrocardiogramma viene eseguito alle ore 15,15. Come appreso dalle fonti giornalistiche che hanno fatto inchiesta il suo ingresso viene registrato alle 15,38 e senza fare illazioni mi chiedo legittimamente se questo non sia dipeso dalla volontà di nascondere il fatto che l’unica ambulanza in quel momento disponibile sia stata destinata al trasporto di un paziente geriatrico che è stato trasferito in Crotone”.
“Meritiamo come calabresi lo stesso diritto alle cure come i cittadini di altre regioni di Italia, siamo un comune montano e in caso di condizioni meteorologiche avverse risulta difficile raggiungere l’Ospedale di Cosenza. – tuona ancora Perri – Il sistema attuale con le sue connessioni territoriali ha dimostrato quanto possa essere fallace in casi di urgenza. Non comprendiamo come mai nessuno delle istituzioni abbia mai fatto pubblicamente riferimento alla vicenda di Serafino”
Nulla è cambiato dalla morte di Congi
“Serafino lavorava alla Regione Calabria ed era una persona molto conosciuta in quell’ambiente. Dobbiamo rompere il silenzio perché ognuno di noi potrebbe trovarsi nella situazione in cui si è trovato Serafino. – dice ancora Perri – Non ci risulta che dal 4 gennaio sia cambiato nulla nel servizio di emergenza urgenza e pronto soccorso. Eppure la vicenda di Serafino avrebbe dovuto sollecitare la assunzione di misure e provvedimenti adeguati per evitare il ripetersi di quanto accaduto. La vicenda di Carlotta La Croce, la ragazzina dodicenne morta le scorse settimane a Catanzaro dopo l’attesa di una ambulanza a Soverato per più di due ore, conferma che nulla è cambiato, che in Calabria si continua a morire senza correre ai ripari. Come si può rimanere passivi rispetto ad una condizione nella quale in molti territori non sono garantite le condizioni minime di sicurezza?”.
“Noi attendiamo giustizia per quanto è accaduto a Serafino ma anche perché si ponga fine a questa condizione assurda nella quale siamo costretti a vivere. La Calabria è una Regione dell’Italia ed i calabresi hanno diritto ad una sanità alla pari di un cittadino lombardo, veneto o toscano. La nostra Associazione nasce per questo: – conclude – per chiedere giustizia e per affermare il diritto alla tutela della vita attraverso un servizio sanitario degno di una regione appartenente ad un Paese civile”.
Il messaggio di Mario Oliverio
Sulla vicenda di Congi e sull’associazione appena nata si è espresso anche Mario Oliverio che ha detto: “I caduti si possono ricordare in tanti modi e questa associazione é un simbolo. Plasmato dai sentimenti di chi lo ha amato, dal dolore di chi lo ha cresciuto, che lo ha guidato nei suoi primi piccoli passi. Un simbolo a cui potranno dare un importante contributo anche le sue figlie. É uno strumento di lotta quest’associazione, una lotta che in altre parti del Paese non c’è bisogno di fare”.
“E questa è una lotta che non dovremmo dover fare se i Governi di questo Paese fossero stati onesti con la Calabria. Ma così non è stato. – ha detto ancora Oliverio – Siamo costretti a combattere per pretendere che proprio questa Nazione, quella che ha concepito il Servizio Sanitario Nazionale, un capolavoro di diritto sociale, prenda atto che la vita dei calabresi vale quanto quella di un veneto. Il servizio di emergenza/urgenza in Calabria è assolutamente inadeguato. A San Giovanni in Fiore ha fallito. Ha fallito anche ad Amaroni, portando Carlotta a morire tra le braccia del padre. Ha fallito tante altre volte ancora, dopo la morte di Serafino”.
“Eppure non si è mosso nulla, – tuona l’ex governatore della Calabria – niente è stato fatto per rendere efficiente e tempestivo il servizio di emergenza urgenza e per evitare il ripetersi di simili tragedie. Anche delle iniziative annunciate per fare luce sulla drammatica vicenda, a distanza di otto mesi, non si sa nulla. Che fine ha fatto l’indagine interna all’ASP di Cosenza? A che punto è l’inchiesta disposta dai magistrati? – si chiede Oliverio – Ci aspettiamo di trovarla al nostro fianco, la magistratura, quella che indossa le stesse vesti antiche e sacre di Antigone. Quella che sta dalla parte dei diritti e dei doveri. La famiglia, la comunità di San Giovanni in Fiore e della intera Calabria attendono Giustizia! – ha concluso – Hanno diritto di sapere!”.

