COSENZA – Il titolare di Villa degli Oleandri aveva garantito che stava benissimo. La settimana successiva è morta. Vera Lucia Carlomagno ha perso la vita dopo essere trasportata d’urgenza nel Pronto Soccorso di Cosenza, il 22 dicembre 2017. Per far chiarezza sul suo decesso la Procura ha avviato le indagini che hanno portato al rinvio a giudizio di 5 medici con l’accusa di omicidio colposo. Si tratta di Giorgio Crispino (amministratore unico della nota clinica di Mendicino), Giorgio Granieri (medico di Villa degli Oleandri), Giovanna Scarcello, Domenica Niccolò e Natalia Spadafora (medici dell’Ospedale Annunziata). Tutti assolti dal giudice Francesca De Vuono del Tribunale di Cosenza perché “il fatto non sussiste”.
Anche la pubblica accusa, rappresentata dal pm Marialuigia D’Andrea, ne aveva chiesto l’assoluzione e non ha inteso ricorrere in Appello. La sentenza è definitiva: nessuno è responsabile della prematura scomparsa della 64enne. Così come ad oggi non esistono colpevoli per i presunti suicidi del 36enne Matteo Broccolo e del 48enne Salvatore Iaccino.
Il ricovero di Vera a Villa degli Oleandri
La cosentina Vera Lucia Carlomagno soffriva di psicosi cronica-schizofrenica. Una patologia che sin dalla giovane età l’ha costretta ad avere periodici ricoveri, soprattutto a Villa degli Oleandri dove si recava sin dagli anni Novanta. Dopo le degenze rientrava sempre a casa, dove abitava con il padre. L’uomo che da sempre se ne prendeva cura, si è poi ammalato di Alzheimer. La donna è stata quindi affidata alla clinica di Mendicino. È entrata nella struttura quando aveva circa 40 anni. Ha vissuto al suo interno un ventennio, durante il quale la gestione è mutata.
Villa degli Oleandri era infatti di proprietà di Guglielmo Quartucci coinvolto nello scandalo delle false perizie psichiatriche ai boss, che consentivano di uscire dal carcere ed essere ricoverati nella sua clinica. Circa 15 anni fa è stata acquisita da Giorgio Crispino e la moglie, Bruna Scornajenchi, ne è diventata direttore sanitario. Il cambiamento è stato radicale. Parenti dei pazienti ricordano «prima c’era un ordine maggiore, ma anche più personale. All’arrivo del Gruppo Crispino è stato dimezzato il numero degli operatori, con conseguenze sulla qualità (già carente) dei servizi assistenziali. La dedizione ai malati era differente, nettamente peggiorata».
Gli ultimi giorni di vita a Villa degli Oleandri
Ogni settimana i parenti andavano a trovare Vera. Le visite erano all’epoca autorizzate solo giovedì e domenica. Meno di un mese prima della sua morte i familiari avevano fatto una scoperta allarmante. Un pugno le aveva lesionato la retina. Stavano valutando l’opportunità di eseguire un intervento chirurgico. La donna lamentava dolore e difficoltà a vedere da un occhio. Preoccupata, la sorella l’aveva accompagnata alla clinica oculistica Santa Lucia di Cosenza per una visita. Lo specialista rivelò che aveva perso quasi del tutto la vista a causa di un trauma. La clinica che inizialmente aveva taciuto l’episodio, si sarebbe giustificata affermando che la 64enne era stata colpita al volto da un altro ospite.
Una superficialità che ha indotto i familiari (che spesso durante le visite notavano che Vera era rallentata, addormentata e parlava lentamente come se fosse sedata), ad approfondire il quadro clinico, offrendosi di portarla a fare i prelievi del sangue. Crispino avrebbe detto che le analisi erano state eseguite da poco ed erano perfette. Il giovedì successivo il cuore di Vera cessa di battere. Gli operatori di turno informano i parenti che la paziente era stata trasportata in Pronto Soccorso, mentre questi stavano per recarsi a Mendicino per il consueto incontro.
Le accuse rivolte ai medici
Arrivata all’Ospedale di Cosenza è morta dopo aver trascorso 30 ore in Pronto Soccorso con un’occlusione intestinale e un’embolia polmonare in corso. Vera curava la sua stipsi cronica con uno sciroppo, farmaco che la clinica afferma fosse stato regolarmente somministrato. Le sue condizioni quando si recò all’Annunziata erano abbastanza precarie, era in ipotermia, le feci avevano raggiunto l’esofago e il cavo orale. Nonostante ciò, come ha rilevato nella sentenza di rinvio a giudizio il giudice per le indagini preliminari Piero Santese, nessuno ha ritenuto utile fare un’ecografia, applicare un sondino gastrico, reidratarla o chiedere una consulenza chirurgica. Dal loro canto invece i medici di Villa degli Oleandri avrebbero sottovalutato i sintomi della loro paziente senza rendersi conto che da giorni non evacuava. Secondo quanto emerso dall’autopsia il decesso sarebbe sopravvenuto appunto per «occlusione intestinale da atonia e fecalomi, squilibrio elettrolitico, shock cardiaco ed embolia polmonare».
Le motivazioni della sentenza
Il processo iniziato a novembre del 2021 si è concluso il 27 giugno del 2024, esattamente un anno fa. I 5 medici accusati di omicidio colposo hanno rifiutato di testimoniare nel corso del dibattimento. La sentenza che ha assolto tutti i medici ritenuti responsabili della morte di Vera Lucia Carlomagno è diventata irrevocabile il 30 maggio 2025. La donna, da quanto emerso a seguito dell’autopsia, avrebbe avuto una subocclusione intestinale da almeno 4 giorni, mentre l’insorgenza dell’embolia potrebbe collocarsi a 1 settimana prima dell’arrivo in Pronto Soccorso. Se entrambe fossero state diagnosticate all’arrivo in ospedale, secondo il giudice, il destino di Vera non sarebbe stato diverso. Per l’embolia polmonare «non si sarebbe neanche potuta fare la fibrinolisi per sciogliere il trombo che si può fare entro le 3, 4 ore dalla formazione, ma non nel caso in esame in cui erano passati già dei giorni».
Nessuno è responsabile della morte di Vera
Era troppo tardi anche quando i medici del Pronto Soccorso si sono resi conto che qualcosa non andava a livello gastrointestinale. Trascorse oltre 24 ore dal suo arrivo, alle 15:11, viene refertata la prima radiografia dell’addome: alle 17:56 la paziente muore. Un lasso di tempo che, si legge nella sentenza «non sarebbe stato sufficiente a predisporre un intervento chirurgico per liberare la paziente dall’occlusione intestinale che in quel momento la affliggeva». Il giudice ha inoltro deciso che non vi siano state condotte erronee o omissive neanche da parte dei sanitari della casa di cura Villa degli Oleandri che avrebbero visitato Vera senza riscontrare alcuna problematica di natura fisica e organica.
Il personale medico era convinto che la donna avesse evacuato perché aveva chiesto la sera prima all’OSS un po’ di carta igienica per andare in bagno. I pazienti della clinica infatti, come ha chiarito in aula la dirigente sanitaria Bruna Scornajenchi, non hanno accesso autonomo alla carta igienica “per evitarne usi impropri”. Durante il processo «non si è raggiunta la prova, oltre ogni ragionevole dubbio, che le condotte “omissive” se fossero state poste in essere e ove ve ne fosse stata la possibilità, avrebbero ritardato o evitato il decesso della paziente». Nessuna responsabilità è quindi giuridicamente imputabile ai medici che hanno preso in carico la 64enne i quali sono stati difesi dagli avvocati Antonio Liuzzi, Domenico De Maio, Gianluca Serravalle e Antonio Cordova.

